
A cinquecento anni dalla nascita è stato ideato un imponente progetto espositivo che ha in Tintoretto il protagonista assoluto. L’artista veneziano considerato uno dei principali interpreti della pittura italiana del 500. Capace di sconvolgere il pubblico per la complessità della sua macchina narrativa. Come avviene con il Miracolo dello schiavo o Miracolo di San Marco, ora alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, che dipinge nel 1548. Per l’evidenza dei dettagli, per la densa scansione dei volumi, che sembrano scolpiti e per l’assoluta novità dello stile. L’episodio narrato nell’opera ha il suo focus nello schiavo torturato da un signore di Provenza. Gli ha disobbedito recandosi in pellegrinaggio a Venezia per venerare le reliquie dell’evangelista.
Ma grazie all’intervento invisibile del santo (San Marco) che irrompe dal cielo volando a testa in giù, gli strumenti del martirio (le punte aguzze che avrebbero dovuto accecarlo e i martelli che avrebbero dovuto spezzargli le gambe) si frantumano. Diventano inservibili. Tintoretto guida lo sguardo dell’osservatore dagli strumenti di tortura in primo piano, verso la figura piegata con la scure in mano e quindi a quella con il turbante. Il tracciato visivo si conclude all’estrema destra della tela che registra l’espressione stupita del padrone. Poi c’è la folla. Il suo concitato oscillare. Dove i costumi orientali coesistono con quelli della Venezia del 500.

Il periodo più fecondo di Tintoretto
Sappiamo da Carlo Ridolfi come lavora Tintoretto. Nel 1648 ne descrive il metodo. Utilizza modelli di cera e gesso, ricorre a un lume artificiale e compone le scene come su un palcoscenico. Perduti i modellati, rimangono i disegni delle figure umane. “Atleti stravaganti” secondo Sartre. “Una confraternita di addetti ai traslochi”. Muscolosi e votati al facchinaggio. Gente del popolo in altre parole. Il progetto prima accennato prevede la monografia allestita nel Palazzo Ducale a Venezia. Lo scopo è mettere in risalto il periodo più fecondo della sua arte. Dal successo raggiunto verso la metà degli anni Quaranta del 500, fino agli ultimi lavori. Il termine ultimo per visitare la mostra il sei gennaio 2019. Contemporaneamente le Gallerie dell’Accademia, sempre a Venezia, indagano Il giovane Tintoretto soffermandosi sui lavori del primo decennio di attività.
Dal 1538, l’anno documentato, che testimonia l’inizio autonomo della sua attività, al 1548 quando si registra il grande successo della sua prima opera pubblica: Il Miracolo dello schiavo prima accennato per la Scuola Grande di San Marco. Sessanta le opere selezionate, ventisei i dipinti di Tintoretto. Tra questi, la Conversione di San paolo e la Contesa tra Apollo e Marsia esposti per la prima volta. È interessante rilevare che Tintoretto nella Conversione, come in altri lavori riconducibili agli inizi dell’attività, si appropria di elementi appartenenti a celebri autori. Per l’immagine di Paolo disarcionato dalla folgore il pittore di riferimento è Raffaello. Come si può vedere in uno dei cartoni per gli arazzi della cappella Sistina. Per la rappresentazione della battaglia e del paesaggio i contatti sono con Tiziano, il Pordenone e Giulio Romano.
La mostra
Tintoretto 1519-1594, Venezia, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge, 7 settembre 2018-6 gennaio 2019.
Fausto Politino
Laureato in filosofia, iscritto all’ordine dei pubblicisti di venezia e già collaboratore del Mattino di Padova. Ora scrivo per la Tribuna di Treviso. Potete seguirmi anche su Twitter: PolitinoF.
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