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Gustave Caillebotte, piallatori di parquet

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Gustave Caillebotte, piallatori di parquet

Decidendosi a esporre i suoi piallatori alla seconda mostra impressionista del 1876, Gustave Caillebotte, figlio dell’agiata borghesia parigina, entrò nella cerchia dei pittori intransigenti e rinnegati, definiti impressionisti. Quest’opera in particolare divise la critica tra riflessioni su eventuali aspetti sociali celati all’interno del dipinto e considerazioni sulla gestione che l’artista fece dello spazio. Alcuni accolsero favorevolmente quella che ritenevano una rappresentazione fedele della realtà, espressa nel lavoro giornaliero di alcuni artigiani. Altri, meno entusiasti, protestarono riguardo all’inusuale taglio prospettico. La visione dall’alto al basso deforma tutto, le linee del pavimento risalgono e non si vede molto al di là della base di un muro, degli stucchi alle pareti e della ringhiera del balcone. Dove sta quindi l’interesse per un’immagine come questa?

La visione di Gustave Caillebotte

Caillebotte esprime qui al meglio quello che secondo lui la pittura deve fissare sulla tela. È totalmente assente ogni intento sociale, moralizzatore o politico nei confronti del mondo operaio sfruttato, dopotutto lui apparteneva a una famiglia benestante. L’artista invece, come un moderno fotografo, è interessato a cogliere un istante, fedele alla realtà fino nei più piccoli dettagli. Lo vediamo nella cura dedicata dal pittore nel realizzare gli strumenti di lavoro dei tre artigiani e i trucioli sparsi sul pavimento. L’artista coglie i riferimenti al quotidiano, come la bottiglia di vino e il bicchiere. I tre protagonisti della tela sono intenti a piallare il parquet preparandolo per la lucidatura. Due di loro, più in ombra, sembrano chiacchierare. La luce che entra dal balcone si riflette sul pavimento e sulle schiene curve per lo sforzo degli operai il cui torso nudo è simile a quello degli eroi antichi.

Per realizzare l’opera Caillebotte disegnò ogni singola parte della scena. Unì poi tutti i fogli sulla tela, utilizzando il rigore accademico imparato a bottega, per esplorare, in maniera del tutto nuova, l’universo contemporaneo. Quello che l’artista fa è quindi osservare il mondo e le persone che lo abitano cercando d’essere il più fedele alla realtà. Gustave si limita a scegliere il punto di vista con cui rappresentare una scena. Quando ancora la fotografia non riusciva a cogliere la vita con quella verità che le sarà propria, al suo posto lo fece Caillebotte restituendoci un’istantanea del mondo d’allora in questa grande pagina d’arte moderna.

C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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Paul Cezanne, giocatori di carte

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Paul Cezanne, giocatori di carte
Paul Cezanne, giocatori di carte

Quest’opera, realizzata da Paul Cezanne, rappresenta uno dei temi più riproposti dall’artista francese d’origine italiana. Si tratta di una partita a carte che il pittore ripresenterà in altri quattro dipinti oggi sparsi in vari musei del mondo. È molto probabile che l’artista si sia ispirato ai Giocatori di carte, attribuiti agli artisti-fratelli Le Nain e conservati al museo d’Aix-en-Provence, la sua città natale nel sud della Francia.

Quella che vediamo di fronte a noi è una scena quasi severa nei colori e negli elementi che la compongono. Due uomini si stanno svagando con una partita a carte che sembra fissata in un momento di riflessione durante il quale i due giocatori scrutano le proprie carte. Tutto è immobile, su uno spoglio tavolino fa bella mostra una bottiglia che funge anche da asse centrale della composizione. L’ambientazione è l’interno di un’osteria di paese, con uno specchio a far da sfondo ai due protagonisti.

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Soggetti e tecnica

Molto probabilmente loro sono due contadini che il pittore conosceva e incontrava spesso nella tenuta paterna al Jas de Bouffan, nei pressi di Aix-en-Provence, in particolare l’uomo con la pipa è stato riconosciuto nella persona di “compare Alexandre”, giardiniere del posto. La famiglia di Cezanne infatti era benestante, il padre Louis Auguste, proprietario di una fabbrica di cappelli, fondò nel 1844 la banca Cézanne et Cabassol, oggi non più esistente. Ma veniamo alla tecnica: Cézanne fece parte degli impressionisti e partecipò a due mostre del gruppo, assorbendo alcune caratteristiche di questi artisti. Il colore qui è steso velocemente in zone, seguendo i toni del blu, del giallo e del rosso. L’artista fa anche un uso ingegnoso delle linee contrapponendo quella retta del giocatore sicuro di sé con la pipa a quella curva dell’altro sulla destra più indeciso.

Il ricorrere frequente dei giocatori di carte nelle opere di Cézanne ha prodotto una singolare spiegazione. La partita che oppone due giocatori simboleggerebbe la lotta che l’artista ingaggiò contro suo padre perché la sua professione fosse accettata dalla famiglia. Uno studio preparatorio di quest’opera è stato venduto il primo maggio 2012 per ben 19.122.500 dollari e una delle cinque versioni, invece, è tra i quadri più pagati al mondo. Nel 2011 la famiglia reale del Qatar l’avrebbe comperato dagli eredi dell’armatore greco George Embricos per l’esorbitante somma di 250 milioni di dollari, superando il record precedente raggiunto da Numero 5 di Jackson Pollock con i suoi 140 milioni.

Continua l’esplorazione …

Ti è piaciuto il post? Che idea hai riguardo a Paul Cézanne? scrivimi tutto nei commenti e rimani qui su Artesplorando.

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C.C.

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Le vetrate gotiche di Chartres

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Le vetrate gotiche di Chartres

A Chartres, nella Francia settentrionale, si trova una delle più belle cattedrali gotiche. Un edificio alto 130 metri e largo 32, costruito in gran parte tra il 1194 e il 1250 ed esempio perfetto del gotico francese in architettura. Gli interni sono spettacolari e comprendono due alti livelli di vetrate colorate. Le vetrate gotiche di Chartres sono un esempio altissimo di questo tipo di arte e in questo post le osserveremo bene da vicino. Le vetrate nel medioevo avevano una funzione decorativa, divulgativa e simbolica. Infatti oltre al valore estetico, queste opere illustrano le storie della Bibbia, con lo scopo di istruire i fedeli analfabeti. Gli abili artigiani e artisti medioevali ricorrevano a una ricca tavolozza di colori per la costruzione delle vetrate, che includeva gialli, verdi, rossi, viola e splendidi azzurri.

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I piccoli frammenti di vetro erano assemblati mediante strisce di piombo per creare il disegno finale desiderato. Originariamente a Chartres c’erano 176 vetrate, oggi ne sono rimaste 150. La più famosa tra le vetrate gotiche di Chartres è quella dedicata a Nostra signora della bella vetrata, sopravvissuta all’incendio del 1195 che ha quasi raso al suolo l’edificio. Al centro della finestra c’è la figura della Vergine Maria con una veste di un intenso blu cobalto. È seduta su un trono sorretto da angeli e lo Spirito Santo, simboleggiato da una colomba, vola al di sopra della sua testa.

Le vetrate gotiche di Chartres
Nostra signora della bella vetrata

Le storie raccontate dalle vetrate

Ogni campata delle navate e del corridoio che circonda il coro presenta una grande finestra che in alcuni casi raggiunge gli 8 metri di altezza. Queste splendide vetrate rappresentano storie del Vecchio e del Nuovo Testamento, episodi tratti dalle vite dei santi e immagini simboliche come i segni zodiacali. Alcune raffigurano artigiani e operai, scalpellini e carpentieri. La navata centrale è più alta di quelle laterali e presenta un secondo livello di vetrate che, a causa della loro altezza presentano una minore complessità rispetto a quelle del livello inferiore. Ritraggono immagini di santi, profeti, sovrani e membri della nobiltà.

Oltre a tutto ciò nella cattedrale di Chartres sono presenti anche tre ampi rosoni circolari. Questi raffigurano Maria e Gesù Bambino con figure del Vecchio Testamento; l’Apocalisse e altri episodi del Nuovo Testamento; e il Giudizio universale. Chartres è un esempio altissimo d’arte vetraria, ma in tutta Europa, nel corso del XIII secolo, furono realizzate splendide vetrate. A Reims in Francia, a Bruges in Belgio, e a Canterbury in Inghilterra, solo per citare alcuni esempi. L’arte delle vetrate fu coltivata fino al rinascimento, come documentano le splendide opere di Lorenzo Ghiberti e di Donatello per il duomo di Firenze. Nella Gran Bretagna del XIX secolo, il rinnovato interesse per il gotico portò artisti come William Morris e Edward Burnes-Jones a dedicarsi al vetro colorato.

Scopri di più

Le vetrate nell’arte, piccola guida per capire cosa sono.

C.C.

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Andrea Mantegna, morte della Vergine

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Andrea Mantegna, morte della Vergine
Andrea Mantegna, morte della Vergine

Quando si parla di Andrea Mantegna si parla di un artista assolutamente fondamentale per l’evoluzione dell’arte e della pittura. Nato nel 1431, figlio di un umile falegname di periferia, Mantegna è stato un genio precoce nella pittura forse come Mozart lo fu nella musica. L’artista nel 1549 entrò al servizio dei signori di Mantova, città del nord Italia, in veste di pittore di corte della famiglia Gonzaga e questo lavoro fu dipinto proprio per loro. La Vergine Maria si trova sul suo letto di morte, circondata da undici apostoli. La scena rappresenta l’ultimo istante della sua vita sulla terra. Secondo i vangeli apocrifi, una serie di testi esclusi dalla Bibbia, dopo la morte terrena il corpo e l’anima di Maria sono stati trasportati in cielo da Gesù.

Questo momento è anche conosciuto come la “Dormizione della Vergine” in quanto Maria non sarebbe veramente morta, ma soltanto caduta in un sonno profondo, prima della sua salita in cielo. L’episodio si svolge in una semplice stanza con un pavimento marmoreo a scacchiera ed è contenuta da pilastri che in origine reggevano delle arcate, oggi perse con parte del dipinto. Domina la metà inferiore dell’opera il letto di Maria con le sue linee orizzontali, mentre intorno a esso gli apostoli stanno celebrando la cerimonia funebre. Al centro vediamo san Pietro intento a leggere le Sacre Scritture, affiancato da due apostoli di cui uno regge un vaso d’unguenti. Un altro apostolo, di spalle rispetto a noi, si protende verso il corpo di Maria per spargere incenso. Chiudono la scena altri apostoli nell’atto di cantare e reggere delle candele.

Il grande realismo dell’opera

Sono molti i dettagli a conferire un grande realismo all’opera. Dalla naturalezza dei gesti delle mani e delle posizioni dei piedi delle figure, all’uso di aureole viste di scorcio. Dalle pesanti tuniche che mostrano l’anatomia delle figure, ai riflessi metallici dei due grossi candelabri. In quest’opera la composizione è dominata dalla ricerca di prospettiva e profondità, ottenuta principalmente attraverso il motivo geometrico della pavimentazione, dalla diversa dimensione delle figure e dalla finestra nella parte posteriore, che funge da “punto di fuga”, dove convergono cioè tutte le linee prospettiche. È inoltre notevole qui la forte personalità delle fisionomie dei singoli personaggi e la resa magistrale del paesaggio. Infatti questo è uno dei primi dipinti italiani in cui viene rappresentato un luogo ben riconoscibile. Attraverso la finestra scorgiamo una veduta di Mantova con il ponte dei Mulini e il lago di Mezzo.

Continua l’esplorazione

Allora vi è piaciuta l’opera? scrivetemi le vostre impressioni nei commenti e leggete gli altri articoli dedicati ad Andrea Mantegna.

➡ Vita di Andrea Mantegna pittore https://amzn.to/2AX4bVU
➡ Andrea Mantegna. Gli sposi eterni https://amzn.to/2QEiDvM
➡ Mantegna. Ediz. illustrata per Mondadori Electa https://amzn.to/2B04FL3

C.C.

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Van Gogh Museum di Amsterdam

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Nuovo video della serie curata da Artesplorando, interamente dedicata ai musei e alla loro esplorazione. In questo approfondimento video scopriremo le 10 opere principali del Van Gogh Museum di Amsterdam, selezionate secondo i miei gusti. Sarà come fare un viaggio virtuale nelle sale del museo con la mia voce a guidarvi.

Van Gogh Museum

Questo magnifico museo ospita la più grande collezione al mondo di opere di Vincent van Gogh. Inaugurato nel 1973 per accogliere la collezione del fratello minore di Vincent, Theo, il museo conserva circa 200 tele e 500 disegni realizzati dal maestro e da alcuni suoi contemporanei, come Gauguin e Monet. La collezione venne raccolta e valorizzata dal nipote di Vincent van Gogh, figlio del fratello Theo, che creò una fondazione e fece di tutto per valorizzare il lavoro dello zio. Di recente il museo si è dotato di un nuovo e ampio ingresso che ha permesso anche un riallestimento dell’intera struttura.

➡ I mangiatori di patate, 1885
➡ Natura morta con Bibbia, 1885
➡ Teschio con sigaretta accesa, 1886
➡ Giapponeseria: Oiran, 1887
➡ Agostina Segatori al Café du Tambourin, 1887
➡ Autoritratto davanti al cavalletto, 1888
➡ La casa gialla, 1888
➡ Vaso con quindici girasoli, 1889
➡ Campo di grano con corvi, 1890
➡ La camera di Vincent ad Arles, 1888

Il video è sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per i sottotitoli in lingua straniera puoi contribuire anche tu! Segui quindi la playlist “Al museo con Artesplorando” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo è prezioso. 😊

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➡ Storia dell’arte in pillole: http://bit.ly/2HkVHxp
➡ Quick Art: http://bit.ly/2j7jkvp

Letture consigliate

➡ Van Gogh. Tutti i dipinti http://amzn.to/2vSLX7b
➡ Lettere a Theo http://amzn.to/2wM077e
➡ Van Gogh http://amzn.to/2vTidHT

Letture dal blog

➡ www.artesplorando.it/tag/vincent-van-gogh

Buona visione e buona lettura!

C.C.

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Caravaggio, David e Golia

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Caravaggio, David e Golia
Caravaggio, David e Golia

Questo dipinto illustra un tema presente nella Bibbia, molto rappresentato nella storia dell’arte. È il momento in cui David, giovane pastore, uccide il gigante Golia con la sua fionda, tagliandogli poi la testa per farne un trofeo. Il dipinto venne realizzato agli inizi della carriera di Caravaggio, quando si trovò a lavorare per un importante committente a Roma, il cardinale Francesco Maria Del Monte. Questi non fu un cardinale come gli altri: conosceva il greco, l’ebraico e altre lingue orientali, si pensa che praticasse l’alchimia e che fosse aperto a idee nuove nel campo della scienza, dell’arte e della cultura in generale. Amante della musica, riceveva gli ospiti circondato da una vera e propria corte, come un sovrano. Caravaggio fece un’ottima impressione a quest’uomo che decise di offrigli vitto, alloggio e piena libertà d’azione. In questo contesto l’artista realizzò l’opera che vedete qui.

David, simbolo di virtù, è rappresentato poco più che bambino, con il volto di profilo e un’espressione mite che contrasta con la violenza dell’evento. È chinato sul corpo del gigante Golia che ha appena ucciso e ne sta legando i capelli con una corda. Questo particolare gesto non ha nessun precedente e non è nemmeno citato nella Bibbia, testo da cui l’artista ha tratto ispirazione; come spesso accadeva il pittore reinterpretava episodi comuni nella storia dell’arte, aggiungendovi un elemento di originalità e innovazione. Nella testa di Golia molti storici hanno individuato un autoritratto dell’artista che si mise nei panni del gigante decapitato molto probabilmente per un senso di colpa tutto cristiano. Infatti Caravaggio fu senza ombra di dubbio un peccatore, abituato a ogni tipo di vizio e dal carattere turbolento e aggressivo.

Un’opera che condensa tutte le caratteristiche di Caravaggio

Come in tutte le opere di questo artista, anche qui la luce ha un’importanza primaria: svolge un ruolo sia simbolico, in quanto incarna la presenza divina, che pratico, servendo all’artista per definire i volumi e per accentuare la drammaticità della scena. Il tutto si svolge in un luogo imprecisato su di uno sfondo scuro dal quale emergono con maggiore forza i due personaggi. L’artista realizzò in seguito altre due versioni di questo tema giunte fino a noi: una conservata al Kunsthistorisches Museum di Vienna e l’altra esposta a Galleria Borghese a Roma. Una curiosità: una radiografia fatta al dipinto ha fotografato sotto lo strato di pittura una prima versione della testa del gigante. Inizialmente Golia aveva un’espressione molto drammatica con gli occhi sporgenti e la bocca spalancata, esprimendo tutto l’orrore del dolore fisico. Questa espressione venne cambiata forse perché colui che commissionò l’opera a Caravaggio, ritenne l’immagine eccessivamente violenta.

Continua l’esplorazione

Allora ti è piaciuta l’opera? quali emozioni ti ha trasmesso? scrivimi tutto nei commenti e se ti piace Caravaggio ti invito a leggere gli altri post su di lui.

Letture consigliate

➡ Caravaggio. L’opera completa, Sebastian Schütze http://amzn.to/2oMQwdr
➡ Caravaggio, Maurizio Calvesi http://amzn.to/2pASeP5
➡ Caravaggio segreto. I misteri nascosti nei suoi capolavori, Costantino D’Orazio http://amzn.to/2pfB1Of

C.C.

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Gli audioquadri di novembre 2019

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L‘audioquadro è un nuovo modo per conoscere i più grandi capolavori della storia dell’arte. In maniera semplice e in pochi minuti. Qui l’elenco di tutti gli audioquadri usciti a novembre 2019.

Raffaello Sanzio

Raffaello | Madonna di Foligno

Quest’opera fu commissionata a Raffaello nel 1511 da Sigismondo de’ Conti, dignitario di Papa Giulio II, per essere collocata nella chiesa di S. Maria in Aracoeli a Roma. Il suo nome però è dovuto al fatto che già nel 1565 venne trasferita da una discendente dei de’ Conti in un monastero a Foligno, piccola città del centro Italia da cui proveniva la famiglia. Ma questa Madonna conobbe anche altre traversie: fece parte di quelle opere che Napoleone portò con sé in Francia nel 1797 in seguito al Trattato di Tolentino e solo dopo il suo rientro in Italia entrò a far parte della Pinacoteca Vaticana.

Letture da Artesplorando blog

➡ www.artesplorando.it/tag/raffaello

Letture consigliate

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➡ Raffaello, Taschen http://amzn.to/2wjLlbK
➡ Raffaello. Una vita felice http://amzn.to/2fUnTul

Michelangelo | deposizione di Cristo nel sepolcro

Questo dipinto non finito è opera del grande Michelangelo Buonarroti, raro esempio realizzato su tavola, per un artista che si cimentò principalmente nella scultura e nell’affresco. Rappresenta il corpo di Cristo mentre viene deposto nella sua tomba, circondato da una serie di figure la cui reale identità è ancora molto incerta. A complicare l’individuazione dei personaggi, come spesso capita in Michelangelo, sta la loro androginia per cui in certi casi è difficile capire se si tratti di maschi o di femmine.

Michelangelo

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➡ https://www.artesplorando.it/tag/michelangelo

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Vincent van Gogh | Campo di grano con corvi

Campo di grano con corvi è uno degli ultimi dipinti dell’artista e risale al luglio del 1890, poco prima del suo ancora oggi per certi versi misterioso suicidio. Alcuni credono che mostri proprio il campo di grano in cui Van Gogh si uccise. Lo stesso artista scrisse una breve nota riguardante quest’opera: Ritornato lì, mi sono messo a lavorare. Il pennello mi cadde quasi di mano … Non ho avuto difficoltà a esprimere la tristezza e l’estrema solitudine.

Vincent van Gogh

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Vincent van Gogh | Girasoli

Questo è uno dei quattro quadri, raffiguranti Girasoli, risalenti all’agosto e settembre del 1888 che Van Gogh realizzò per decorare la stanza del pittore amico Paul Gauguin nella cosiddetta “casa gialla” che Vincent affittò ad Arles, nel sud della Francia, con l’intento di costruire una piccola comunità di artisti. Lui e Gauguin lavorarono insieme tra l’ottobre e il dicembre del 1888, ma poi questo sodalizio artistico si interruppe bruscamente. Gauguin non si rivelò il mentore sperato da Vincent e tra i due i punti d’accordo erano veramente pochi e non riguardavano la pittura. Le critiche che Gauguin rivolgeva a Van Gogh lo resero sempre più instabile mentalmente, portandolo a un gesto folle. In seguito a un litigio, nel pomeriggio del 23 dicembre del 1888, Van Gogh avrebbe rincorso l’amico per strada con un rasoio, minacciandolo.

Vincent Van Gogh | La chiesa di Auvers

L’artista rappresenta l’edificio sacro, eretto nel XIII secolo, dall’abside, la parte opposta alla facciata, con un punto di vista che comprende la biforcazione di due stradine che sembrano stringere la chiesa in una morsa. Unica presenza umana è una donna rappresentata di spalle. Attraverso lo sguardo del pittore, l’edificio assume un aspetto inquietante. Il monumento infatti è rappresentato in ombra quindi per noi osservatori dovrebbe essere in controluce, ma non c’è il sole e al suo posto campeggia un cielo plumbeo. Anche se la chiesa è riconoscibile, la tela non ci propone un’immagine fedele alla realtà quanto piuttosto una forma d’espressione di quest’ultima in cui l’edificio sembra vivere di vita propria grazie al suo aspetto deformato. Siamo di fronte all’opera di un artista così fragile e ipersensibile da presentarci la visione allucinata della realtà come lui la percepiva.

I video sono anche sottotitolati in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per i sottotitoli in lingua straniera puoi contribuire anche tu! Segui quindi la playlist “audioquadri” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo è quindi prezioso. 😊

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C.C.

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Tiziano, Maria Maddalena

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Tiziano, Maria Maddalena
Tiziano, Maria Maddalena

Ed eccoci a una nuova opera, Maria Maddalenache voi stessi avete votato di più tra quelle dell’artista Tiziano, in occasione del sondaggio realizzato nella ➡community di Artesplorando su Facebook. L’opera rappresenta il tema della Maddalena penitente che, durante la lunga attività artistica di Tiziano, fu replicato più volte dall’artista. Il pittore ideò un’iconografia nuova, ricca di un fascino erotico audace, destinata a un grande successo. Maria Maddalena sta rivolgendo gli occhi al cielo con devozione e nel mentre cerca di coprire la propria prorompente nudità con i lunghi capelli rossi. La donna che Tiziano qui raffigura è la prostituta pentita, la Maddalena dal passato turbolento che va a casa di Simone il fariseo per chiedere perdono a Gesù.

La conturbante Maddalena di Tiziano

La giovane piange pentita ai piedi del Redentore. Piedi che poi asciuga con i lunghi capelli e profuma con un unguento prezioso. Sul vasetto, che contiene l’unguento, raffigurato nell’opera, il pittore lascia la propria firma. Tiziano usa una pennellata densa e pastosa dalle tonalità calde, per descriverci nei minimi dettagli questa figura carica di femminilità. Dagli occhi colmi di lacrime cristalline, alla splendida chioma di capelli ramati, usati per celare una nudità estremamente erotica. Maddalena è decisa nella propria scelta di lasciarsi alle spalle il passato. Probabilmente posò per il pittore una qualche cortigiana veneziana, come molte ve ne furono nel Cinquecento. Quest’immagine, che racchiude al tempo stesso l’idea della peccatrice e della penitente, fu presa a modello da molte cortigiane pentitesi e convertite.

Il dipinto divenne quindi esempio di redenzione e ciò fu forse il motivo della gran fortuna che ebbe al suo tempo. Questa in particolare è la versione conservata a Palazzo Pitti di Firenze, nella Galleria Palatina. Una versione dalla qualità straordinaria che ci fa pensare possa essere uno dei prototipi più antichi di questa iconografia. Probabilmente fu dipinta da Tiziano a Venezia fra il 1533 e il 1535, su commissione di Francesco Maria della Rovere duca d’Urbino. Risale a Giorgio Vasari la più antica citazione dell’opera che, durante una sua visita nel 1548, descrisse alla corte di Urbino, nella collezione del duca Guidubaldo della Rovere. Un vero capolavoro di Tiziano che poi giunse a Firenze con l’eredità di Vittoria della Rovere nel 1631.

Continua l’esplorazione …

➡ Tutti i post dedicati all’artista

Letture consigliate

➡ Tiziano https://amzn.to/2lcoEyE
➡ Tiziano per Abscondita https://amzn.to/2HPMid4

C.C.

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U.MANO – Arte e scienza: antica misura, nuova civiltà

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U.MANO

Martedì 19 novembre ha aperto la mostra U.MANO – Arte e scienza: antica misura, nuova civiltà, promossa da Fondazione Golinelli e curata da Andrea Zanotti con Silvia Evangelisti, Carlo Fiorini e Stefano Zuffi. Non ero mai stato nella splendida e moderna sede di questa fondazione e non avevo ancora visto una mostra da essa organizzata. È stata una piacevole sorpresa ed è anche il giusto spunto per potervi parlare di questa fondazione bolognese che rappresenta un esempio virtuoso di come i privati e le grandi aziende, anche in Italia, sostengano la cultura, l’insegnamento e l’innovazione. La Fondazione Golinelli nasce a Bologna nel 1988 per volontà dell’imprenditore e filantropo Marino Golinelli. Oggi è un esempio unico in Italia di fondazione filantropica privata, ispirata ai modelli anglosassoni e pienamente operativa.

La fondazione

La fondazione si occupa di educazione, formazione, ricerca, innovazione, impresa e cultura. Il suo obiettivo è quello di offrire a tutti strumenti sempre aggiornati per comprendere il futuro, essere consapevoli e propositivi verso ciò che ci attende. In questo contesto si inserisce, all’interno del padiglione dedicato alle arti e alle scienze, il percorso espositivo aperto al pubblico fino al 9 aprile 2020. Un percorso dedicato alla mano e sviluppato su più piani di lettura, dall’esplorazione dell’interiorità dell’uomo all’aprirsi alla comprensione dell’universo che gli sta intorno, in stretto collegamento con il cervello. La mano è la nostra parte del corpo che meglio rappresenta un ponte tra la dimensione del fare e quella del pensare. Un ponte assimilabile anche alla Fondazione Golinelli che unisce azione e mente, arte e scienza, spronando a superare la tradizionale frattura tra teoria e pratica.

La mostra U.MANO

La mostra si dipana tutta in un unico ambiente, liberamente esplorabile e centrato su due grandi installazioni: mani chiuse che simbolizzano la riflessione sulla propria origine e interiorità. Il percorso vi porterà alla scoperta di grandi trattati, splendide cere anatomiche e meravigliosi dipinti, tra cui un Caravaggio e un Guercino, ma anche opere d’arte contemporanea di Pistoletto. Un’epoca, quella fra Cinquecento e Seicento, in cui si è registrato un cambio di passo simile per certi versi a quello che stiamo assistendo nella nostra epoca. Molto interessanti e divertenti le esperienze di realtà virtuale e di realtà aumentata come supporto alla comprensione delle opere. Curiosa l’installazione che permette ai visitatori, appoggiando la mano su uno schermo, di generare un suono unico e un codice, calcolati grazie a un algoritmo estrapolato da un trattato di Albrecht Durer.

Un viaggio unico e irripetibile tra passato, presente e futuro. Una riflessione sul tema della mano che ci permette di scoprire il ruolo dell’uomo in un presente dominato dalla tecnologia.

Tutte le info

Per avere tutte le informazioni sulla visita alla mostra e sulle attività della Fondazione: www.mostraumano.it e www.fondazionegolinelli.it

Scopri altri articoli tra arte e scienza.

C.C.

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Auguste Clésinger, donna morsa da un serpente

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Auguste Clésinger, donna morsa da un serpente

Da sempre il corpo della donna, drappeggiato o nudo, dea o semplice mortale morsa da un serpente, è amato dagli scultori. A tal punto che un racconto mitologico l’ha messo al centro di una storia meravigliosa. Si racconta che Pigmalione, re di Cipro, scolpisse nell’avorio una statua così graziosa che si innamorò e chiese alla dea dell’Amore e della Bellezza di offrirgli una creatura come lei. Venere esaudì il suo desiderio e la creazione dell’uomo fu dotata di un’anima. La statua divenne la sposa del sovrano e fu chiamata Galatea. La meraviglia di fronte all’opera di Auguste Clésinger fu simile a tal punto che questa statua in marmo, con il dipinto i Romani della decadenza di Thomas Couture, fu la più commentata nel 1847. Fu esposta al Salon, esposizione periodica di pittura e scultura che si teneva a Parigi ogni due anni.

Il capolavoro di Auguste Clésinger

Rappresenta una donna nuda che si contorce, forse morsa da un serpente attorcigliato attorno al suo polso. L’interesse verso quest’opera fu incentivato da uno scandalo legato alla realizzazione della statua. L’artista utilizzò un calco dal vero preso dal corpo di Apollonie Sabatier, nota all’epoca per la sua grande libertà sessuale. Tale fedeltà di riproduzione è testimoniata dalla cellulite impressa nel marmo, visibile sulla parte alta delle cosce. Apollonie, chiamata anche “la Présidente”, fu musa del poeta e scrittore Baudelaire. Donna di grande bellezza e perno centrale di un salotto frequentato da artisti e intellettuali. Portò all’autore un successo e una notorietà inaspettata.

Nel XIX secolo però l’utilizzo del calco diretto dal vero per una scultura era un metodo bersaglio di feroci valutazioni perché in un certo senso veniva a mancare il lavoro e l’onestà dell’artista. Théophile Gautier, scrittore, poeta, giornalista e critico organizzò lo scandalo, ma molti altri personaggi illustri del mondo dell’arte espressero un giudizio non proprio positivo. Le forme generose e realistiche della statua che scandalizzarono il pubblico del Salon, in realtà sono accostate a particolari più convenzionali come il viso, meno espressivo e idealizzato, o la base coperta di fiori. Si può dire che la donna morsa da un serpente è l’esempio perfetto dell’arte eclettica che univa elementi stilistici diversi, applicata alla scultura. Il suo grande successo è testimoniato dal fatto che il motivo della donna distesa fu riproposto fino alla fine del secolo.

C.C.

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10 momenti di specchi

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Dieci momenti di specchi, alla scoperta di grandi capolavori della storia dell’arte che forse non vi saranno tutti noti. Nuovo video della serie “10 momenti di …”, realizzato da Artesplorando con lo scopo di offrirvi dei punti di vista originali sull’arte.

Lo specchio è un oggetto che ritroviamo spesso nella storia dell’arte, un po’ in tutti i periodi. In più occasioni è servito agli artisti per uno studio particolare degli effetti ottici. Altre volte ha accompagnato rappresentazioni mitologiche-religiose per i rimandi simbolici legati ad esso. Nel Medioevo ad esempio era legato ai rischi della vanità femminile o alla perdita dei contatti con il mondo. In epoca moderna invece è diventato sempre più il simbolo del doppio che si manifesta all’esterno di ognuno di noi e della complessità della psiche umana.

10 momenti di specchi

Troverai un breve commento alle seguenti opere:
➡ Jan van Eyck, ritratto dei coniugi Arnolfini, 1434
➡ Giovanni Bellini, giovane donna davanti allo specchio, 1515
➡ Diego Velazquez, Venere Rokeby, 1649-51
➡ Camille-Léopold Cabaillot-Lassalle, donna elegante allo specchio, 1874
➡ Petrus Christus, Sant’Eligius nel suo laboratorio, 1449
➡ René Magritte, la riproduzione vietata, 1937
➡ Berthe Morisot, donna alla sua toilette, 1875
➡ Edouard Manet, il bar delle Folies-Bergère, 1881-1882
➡ Pieter Paul Rubens, Venere allo specchio, c. 1615
➡ Georges de La Tour, Maddalena penitente, 1638-43

Il video è anche sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Puoi contribuire anche tu a migliorare i sottotitoli in lingua straniera, accedendo nell’apposito spazio del canale Youtube. Segui quindi la playlist “10 momenti di …” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo quindi è prezioso. 😊

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➡ 10 momenti di: http://bit.ly/2dJCQdk
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➡ Artesplorazioni: http://bit.ly/2iW15bP
➡ Storia dell’arte in pillole: http://bit.ly/2HkVHxp
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Quindi buona lettura, ma anche buona visione!

C.C.

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Etruschi: viaggio nelle terre dei Rasna

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Etruschi viaggio nelle terre dei Rasna

Oggi apre i battenti una grande mostra nella mia città, Bologna. Una mostra sugli etruschi, frutto di un lavoro meticoloso durato tre anni. Rasna perché questo è il nome che gli etruschi usavano per chiamare sé stessi. A distanza di venti anni dalle grandi mostre sempre di Bologna e Venezia, il Museo Civico Archeologico all’ombra delle due torri presenta un progetto espositivo tutto dedicato agli etruschi. Una mostra tutta italiana che su sessanta musei prestatori ne vede solo quattro stranieri. Un percorso espositivo accompagnato da ben 1400 oggetti, tra cui grandi capolavori, e che include il cuore etrusco del Museo Civico Archeologico di Bologna, riaperto per l’occasione dopo un riordino e un attento restauro.

Etruschi: viaggio nelle terre dei RasnaSi perché Bologna è una città etrusca, il suo nome come tale era Felsina, poi diventata la romana Bononia. Si spiega quindi il perché dell’interesse che nel corso degli anni gli etruschi hanno acceso in questa città, nel suo splendido Museo Archeologico. Il Museo Civico Archeologico, per chi ancora non lo conoscesse, è l’istituto di più antica fondazione fra i quattordici musei che costituiscono l’Istituzione Bologna Musei, ovvero il sistema museale integrato del Comune di Bologna. Al suo interno, accanto alla grande collezione etrusco-italica, potete ammirare la collezione egizia (la terza in Italia per importanza), la collezione romana e la collezione greca.

Etruschi: viaggio nelle terre dei Rasna
Museo Civico Archeologico di Bologna

La mostra

Ma torniamo alla mostra. Non vi anticiperò molto perché voglio che vi rimanga tutta la sorpresa nell’ammirare opere straordinarie organizzate in un percorso espositivo originale e accattivante. Parole chiave della mostra sono viaggio, paesaggio, nuovi scavi e scoperte. L’allestimento moderno e sapiente, dagli accesi colori che mettono in risalto le molte sezioni del percorso. Iniziamo con il tempo dei Rasna, scandito da cinque periodi storici che ricostruiscono la storia di questo popolo ponte tra il mediterraneo e l’Europa. Si prosegue poi con le terre dei Rasna e con le sezioni dedicate alle varie etrurie: quella meridionale, quella campana, quella interna, quella settentrionale e quella padana. Come dicevo, moltissime le opere esposte, gran parte provenienti da corredi funerari, intervallate però anche da video e ricostruzioni.

Etruschi: viaggio nelle terre dei RasnaUn vero e proprio viaggio che ci permetterà di conoscere meglio questo popolo, sfatare dei miti, correggere inesattezze e farcelo sentire vicino a noi. Perché in fondo noi italiani siamo tutti un po’ etruschi.

Per tutte le info:

etruschibologna.it
museibologna.it/archeologico
electa.it

Qui altri articoli sugli etruschi ➡ artesplorando.it/tag/arte-etrusca

C.C.

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Biedermeier, piccola guida per comprendere meglio

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Biedermeier
Un arredamento in stile biedermeier

Questo termine è applicato allo stile semplice e intimo dell’arte e della decorazione di interni in voga nell’Ottocento. Il nome deriva da un personaggio inventato, un poeta involontariamente comico chiamato Gottlieb Biedermeier, che negli anni Cinquanta dell’Ottocento fu un collaboratore del giornale satirico di Monaco di Baviera “fogli volanti”. Bieder significa semplice o solido e Maier è un cognome comune, come Smith in Inghilterra o Rossi in Italia, per cui questo personaggio doveva rappresentare l’incarnazione dei valori convenzionali borghesi. Molto in voga tra la borghesia tedesca e austriaca, questo stile viene spesso definito di genere romantico, ma non è proprio corretto.

Lo stile biedermeier

Questo stile produsse opere contraddistinte da una sensibile concezione della natura, dalla scelta di temi familiari e intimistici, da una precisa esecuzione di alta qualità e da una predilezione per i formati piccoli. Lo stile biedermeier venne soprattutto illustrato da paesaggisti, ritrattisti, pittori di scene di genere e pittori di storia. Spitzweg e Waldmuller sono tra i pittori che meglio esemplificano questo stile. Talvolta il termine è usato anche per definire l’opera di artisti di altri paesi, per esempio Kobke in Danimarca. Lo stile biedermeier va all’incirca dal 1815, la fine delle guerre napoleoniche, al 1848, l’anno delle rivoluzioni.

Carl Spitzweg, il povero poeta
Carl Spitzweg, il povero poeta

Questo stile si diffuse nella Germania del sud e in Austria. Quando si iniziò ad applicare questo termine alle arti visive fu con una connotazione negativa, che implicava sentimentalismo e provincialismo, ma in seguito questa parola divenne espressione di valori più positivi, come comfort, artigianalità e un fascino ostentato. La pittura biedermeier raffigura la vita quotidiana, con soggetti come ritratti e nature morte, in opposizione alla magniloquenza del neoclassicismo e del romanticismo. Non molti anni fa, alcune importanti mostre tra Vienna e Monaco, hanno consentito di valutare appieno i caratteri e i protagonisti della cultura biedermeier.

Continua l’esplorazione

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C.C.

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A Natale regala l’arte. Le migliori cinque mostre da visitare in Veneto

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mostre da visitare in Veneto
Nicolas Deshayes, Becoming Soil

In questo 2019 il Veneto non ha tradito le aspettative per quel che riguarda le esposizioni d’arte. Sono numerose le città che hanno saputo valorizzare il proprio patrimonio culturale, grazie anche a collaborazioni internazionali che hanno investito e collaborato con piccole realtà locali. Noi di Artesplorando abbiamo provato a fare una selezione di quelle che a nostro avviso sono le più belle mostre da visitare in Veneto. Appuntamenti che gli appassionati di arte non possono perdersi.

I Breathless. Arte Contemporanea a Londra

Dove: Ca’ Pesaro Galleria Internazionale di Arte Moderna (Santa Croce, 2076, 30135 Venezia)

Quando: Dal 19/10/2019 al 1/03/ 2020

L’esposizione, nella suggestiva location di Ca’ Pesaro, punto di riferimento della Fondazione Musei Civici per quanto riguarda il contemporaneo, ospita quindici artisti appartenenti alla young generation londinese, che attraverso varie declinazioni artistiche, dalla scultura alla pittura, dal video alla fotografia, all’installazione, arrivando alla performance propongono produzioni inedite atte a sottolineare l’evoluzione artistica degli ultimi vent’anni in Gran Bretagna. L’arte contemporanea britannica sbarca così nella laguna veneziana, con quaranta opere, alcune delle quali create appositamente per l’evento, che vi lascerà, appunto, senza respiro.

Le tecniche a incisione, piccola guida per capire cosa sono
Albrecht Dürer, Rinoceronte, Xilografia, Musei Civici di Bassano

II Albrecht Durer, la collezione Remondini

Dove: Museo Civico Palazzo Sturm (via Schiavonetti, 40, 36061 Bassano del Grappa)

Quando: Dal 20/04/2019 al 19/01/2020

I Musei Civici di Bassano sono riusciti a mettere a segno una mostra trait d’union tra il
contemporaneo e una collezione moderna straordinaria, realizzando inoltre un documentario in cui vengono messe a confronto le tecniche calcografiche odierne con quelle del passato. Ai Remondini, dinastia bassanese, si deve quella che può essere considerata la prima major mondiale dell’immagine. Le loro incisioni imposero modelli iconografici che aiutarono a dare un’immagine visiva pressoché universale di racconti, luoghi e persino di culti. La celebre collezione di stampe, che già dal XVII fece il giro del mondo, vanta incisioni di veri propri maestri del settore, dagli Italiani Mantegna e Tiziano, passando per Rembrandt e Martin Schongauer. Il protagonista dell’esposizione curata da Chiara Casarin, è Albrecht Durer, presente con un corpus di 90 bulini e ben 123 xilografie, la città di Bassano del Grappa ha scelto di omaggiare il genio dell’artista fiammingo per celebrare la riapertura di Palazzo Sturm, a conclusione dell’ultima campagna di restauro che ha interamente restituito alle visite il magnifico gioiello di architettura e arte.

Approfondimento dal blog ➡ www.artesplorando.it/tag/albrecht-durer

mostre da visitare in Veneto
Luc Tuymans. La Pelle. Exhibition view at Palazzo Grassi, Venezia 2019.

III Luc Tuymans- La pelle

Dove: Palazzo Grassi (Campo San Samuele, 3231, 30124 Venezia)

Quando: Dal 24/03/2019 al 06/01/2020

Nell’affascinante edificio ideato nel 1748 dall’architetto Giorgio Massari, è in atto la prima mostra personale italiana di Luc Tuymans. L’artista, nato ad Anversa nel 1958, è considerato uno dei massimi esponenti della pittura contemporanea, le sue opere vertono prevalentemente su soggetti storici e politici attraverso oggetti di uso quotidiano. L’esposizione intitolata La Pelle, dal libro di Curzio Malaparte edito nel 1949 , è curata da Caroline Bourgeois in collaborazione, appunto, con Luc Tuymans e presenta oltre 80 opere, tracciando un percorso incentrato sul cursus pittorico dell’artista, con una selezione di dipinti che vanno dal 1986 a al giorno d’oggi, provenienti dalla Collezione Pinault e da musei e collezioni internazionali.

mostre da visitare in Veneto
Emil Orlik, Paesaggio con il monte Fuji

IV Giapponismo. Venti d’Oriente nell’arte europea. 1860 – 1915

Dove: Palazzo Roverella (Via Giuseppe Laurenti, 8/10, 45100 Rovigo)

Quando: 28/09/2019 al 26/01/2020

Sul finire del XIX secolo l’arte occidentale fu ferocemente scossa dall’influenza delle arti
decorative giapponesi. Capostipite di questa nuova influenza orientaleggiante fu la Francia, che, per mezzo di stampe, ceramiche e dipinti, diffuse già dai primi anni dell’Ottocento in tutta Europa questo nuovo stile. La mostra curata da Francesco Parisi seduce e affascina il visitatore, portandolo indietro nel tempo. Nelle quattro ampie sezioni in cui si svolge il racconto vengono messe a confronto le opere di derivazione con quelle originali, creando così organicità nel racconto. Così accanto ai capolavori di Gauguin, Touluse Lautrec, Klimt, Kolo Moser si potranno visionare le tendenze giapponiste nelle opere degli inglesi Albert Moore, Sir John Lavery e Christopher Dresser; degli italiani Giuseppe De Nittis, Galileo Chini, Plinio Nomellini, Giacomo Balla e molti altri esponenti di prestigio.

Approfondimento dal blog ➡ www.artesplorando.it/tag/giapponismo

mostre da visitare in Veneto
Claude Monet, La primavera

V Dagli Impressionisti a Picasso.

Dove: Palazzo Sarcinelli (Via XX Settembre, 132, 31015, Conegliano)

Quando: Dal 11/10/2019 al 2/02/2020

Fino al 2 febbraio del prossimo anno, a Palazzo Sarcinelli si potranno ammirare i capolavori
dell’Ottocento inglese, passando per i maestri dell’Impressionismo, fino ai movimenti artistici rivoluzionari del Novecento. Nata dalla collaborazione tra Artika e la Johannesburg Art Gallery del Sud Africa, l’ esposizione vanta sessanta opere, dipinte dai più grandi artisti tra ‘800 e ‘900, del calibro di Signac, Monet e Picasso. Le fil rouge della mostra sottolinea l’elevatissima qualità delle opere esposte, testificando inoltre la passione, ma soprattutto la competenza di Lady Florence Phillips, che per creare questa sua magnificente collezione decise di privarsi anche del suo ammaliante diamante azzurro, scambiatolo con alcuni dei quadri che si potranno visionare nell’incantevole edificio rinascimentale del Sarcinelli.

Approfondimento dal blog ➡ www.artesplorando.it/tag/impressioni-e-impressionisti

Emanuela Bruschi

Sono Emanuela, storica dell’arte e veneziana d’adozione. I miei interessi vertono specialmente sul rinascimento italiano e il cinema d’autore.

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Francisco Goya, Saturno che divora i suoi figli

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Francisco Goya
Francisco Goya, Saturno che divora i suoi figli

I dipinti murali che decoravano la casa detta “La Quinta del Sordo”, chiamata così perché abitata precedentemente da un sordo e in cui Francisco Goya visse alcuni anni della sua vecchiaia, sono conosciuti come le “pitture nere” per il prevalere dei toni scuri e per i temi inquietanti trattati. Queste straordinarie opere rappresentano un mondo tenebroso, dove l’orrore è espresso in tutte le sue forme, segnato dal mito di Saturno, simbolo di morte e di distruzione. Molto probabilmente le “pitture nere” sono l’espressione delle pessimistiche meditazioni che l’artista fece pensando alla situazione politica spagnola dell’epoca. Nel 1814 infatti la monarchia venne restaurata dopo un periodo di rivoluzioni.

Il nuovo sovrano Ferdinando VII abolì la costituzione, ristabilì il tribunale religioso dell’Inquisizione, fece tornare quindi tutti quei “mostri” contro i quali Goya aveva sempre rivolto le armi acuminate della propria arte. Il carattere intimo e privato di quella casa di campagna in riva al Manzanarre, nei dintorni di Madrid, ha permesso all’artista di esprimersi con grande libertà. Dipinse direttamente sulle pareti con una tecnica mista che incluse i colori a olio. Saturno che divora uno dei suoi figli è una delle immagini più espressive tra le “pitture nere”. Questo dio mitologico esprime in termini da incubo la cieca bestialità del potere che teme l’usurpazione da parte di altri.

Un’opera simbolo della bestialità del potere

Saturno infatti, secondo la leggenda, mangiava i propri figli al momento della nascita perché gli era stato profetizzato che uno di essi lo avrebbe spodestato. L’artista prese forse ispirazione da un’opera del pittore Rubens, Saturno che divora suo figlio, che potete vedere in questo stesso museo. Ma a differenza dell’opera più convenzionale di Rubens, qui Goya ruppe completamente con i canoni estetici dell’epoca. Il corpo di Saturno è una massa informe che emerge dall’oscurità, gli occhi e la bocca orrendamente spalancati, mentre tra le mani stringe il piccolo corpo senza testa di uno dei suoi figli.

Il barone e banchiere tedesco Émile d’Erlanger acquistò “La Quinta” nel 1873 e decise di trasferire tutte le opere su tela. I dipinti furono pesantemente danneggiati nel processo di trasferimento, perdendo una grande quantità di colore. Le opere furono poi donate dal barone allo Stato spagnolo che li espose al Museo del Prado a partire dal 1889. Gli espressionisti tedeschi e il movimento surrealista, così come i rappresentanti di altri campi artistici quali la letteratura e il cinema, videro in questa serie di composizioni le origini dell’arte moderna. Goya invecchiato e isolato nel proprio mondo è uno dei pochi artisti della sua epoca che creò in assoluta libertà.

Scopri di più …

Ti è piaciuta l’opera? conoscevi già Francisco Goya? scrivimi tutto nei commenti e segui i link qui sotto se vuoi saperne di più.

➡ Tutti i post sull’artista
➡ I capricci. Ediz. a colori http://amzn.to/2vRqY48
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C.C.

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Gruppo di Bloomsbury

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Le Artesplorazioni sono una serie di video che vi guideranno tra i movimenti e i temi della storia dell’arte, rispondendo alle 5 domande: cosa, chi, dove, quando e perché. Oggi parliamo del … Gruppo di Bloomsbury!

Gruppo di Bloomsbury

Questa denominazione definisce una libera associazione di artisti, scrittori e intellettuali, nata agli inizi del XX secolo. Il nome deriva dal distretto di Bloomsbury, a Londra, dove spesso il gruppo si riuniva, a casa di alcuni dei suoi membri. La sua origine risale alla vita studentesca dell’università di Cambridge, dove si intrecciarono le amicizie dei suoi vari componenti. Molti di essi avevano frequentato il Trinity o il King’s College e molti erano stati apostoli, ovvero membri di un esclusivo circolo intellettuale semi-segreto.

Il video è anche sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per i sottotitoli in lingua straniera puoi contribuire anche tu! Segui quindi la playlist “artesplorazioni” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo quindi è prezioso. 😊

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Pieter Paul Rubens, Giardino d’amore

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Pieter Paul Rubens, Giardino d’amore
Pieter Paul Rubens, Giardino d’amore

Rubens è stato sicuramente la migliore e più influente figura nell’arte barocca del nord Europa. Questo stile diffusosi nel XVII secolo è caratterizzato da una ricchezza di colori, forme, dettagli e da un accentuato senso teatrale nelle scene e nei movimenti. Dopo la morte della prima moglie, con la quale aveva vissuto per 21 anni, Pieter Paul Rubens si risposò nel 1630 con la sedicenne Elena Fourment, figlia di un ricco mercante di seta e più giovane rispetto a lui di ben trentasette anni. Inutile dire che dopo un periodo di lutto e tristezza, l’artista rinacque. Il secondo matrimonio fu felice come il primo, e l’amore di Rubens per la famiglia emerse in molti dei suoi quadri. E l’opera davanti a voi ne è proprio un esempio, una celebrazione dell’amore, considerata dai critici come uno dei migliori dipinti dell’artista.

La scena rappresenta una festa che si sta svolgendo in un bel parco per il quale Rubens si ispirò al giardino della propria casa ad Anversa, nel Belgio settentrionale. L’atmosfera è rilassata e un gruppo di persone stanno flirtando. I colori squillanti come non mai creano una sensazione di grande vitalità e gioia. Gli amorini svolazzanti portano i simboli dell’amore coniugale, tra cui i fiori, l’arco, le frecce e un paio di colombe nella parte superiore sinistra del dipinto. La scultura delle tre Grazie che si intravede sullo sfondo sotto l’arco e la fontana con Venere che sprizza acqua dai seni, sono simboli di fecondità e felicità coniugale. Il pavone che fa capolino al margine destro del dipinto è invece un richiamo all’antica divinità romana Giunone, protettrice del matrimonio.

Un dipinto celebrazione dell’amore

Al centro di questo tripudio di colori, stoffe pregiate, fiori e gioielli, sta una bella signora vestita di blu che è proprio la seconda sposa dell’artista, Elena Fourment. Ecco quindi che tutta l’opera assume il valore d’una celebrazione. Uno splendido omaggio alla moglie del pittore oltre che all’amore coniugale e alla felicità in generale. Questo dipinto di Rubens inoltre introdusse una serie di temi che saranno ripresi centinaia di volte nel corso del Settecento. Il ritrovo tra uomini e donne intenti a corteggiarsi, il tema della festa galante e il gusto per il paesaggio inventato. Ritroviamo però anche tutte le caratteristiche di questo pittore come il senso di grande spettacolarità, il gusto per corpi dalle forme generose e l’intreccio di figure in uno spazio segnato da lussuose architetture.

Rubens è come una scorpacciata in pasticceria e per questo non a tutti piace, bisogna amare il gusto dolce a volte stucchevole dei pasticcini e delle meringhe.

Continua l’esplorazione!

➡ Tutti i post dedicati all’artista
➡ Pieter Paul Rubens: la forma e la retorica http://amzn.to/2vRjXQB

C.C.

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Buone Feste 2019 da Artesplorando

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Buone Feste 2019 da Artesplorando

Ed eccoci di nuovo al Natale! come passa in fretta il tempo! mi sembra veramente l’altro ieri quando scrissi un altro post come questo per augurarvi Buone Feste nel 2018! Ad ogni modo ormai è tradizione che io vi faccia gli auguri con una cartolina-post di fine anno. Per quest’anno ho scelto una mia immagine con tanto di albero dietro alle mie spalle e un simpatico cerchietto … natalizio. La pazzia è sempre un aspetto che mi contraddistingue! Un altro anno è passato e, come spesso mi capita, è anche l’occasione, in questo periodo, per fare un po’ il punto della situazione.

Nel 2019 ho cercato di consolidare il blog e la mia presenza sui vari social. Ho mantenuto le tre uscite video del canale Youtube che pubblica il martedì, il giovedì e la domenica alle 12.00. Sempre sul canale Youtube ho lanciato una nuova serie di video dedicati alla storia dell’arte in pillole, un nuovo modo per esplorare la storia dell’arte, attraverso grandi capolavori di epoche e culture molto diverse tra loro. Poi ovviamente ho cercato di ottimizzare tutti quei contenuti che giornalmente condivido con voi attraverso i social di Artesplorando. Perché il focus di questo progetto restate sempre voi e il vostro coinvolgimento. La ricerca della divulgazione d’arte migliore, conciliando semplicità, sintesi, correttezza e varietà. Non posso che ringraziarvi per l’anno ricco di soddisfazioni.

Proprio perchè voi siete i protagonisti, questo è il momento per ricordarvi tutti i modi con cui potete interagire con Artesplorando, commentare, conoscere e condividere la vostra passione per l’arte. Ecco quindi un riepilogo di tutti gli altri social in cui Artesplorando è presente:
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Per non dimenticare la presenza su Pinterest e Tumblr che svolgono un po’ il ruolo di archivi dei vari contenuti di Artesplorando. Rimanete inoltre aggiornati sulle attività del blog iscrivendovi alla newsletter. Avete anche la possibilità di ricevere a casa tanti articoli personalizzati dal logo e dalle grafiche del blog. Andate al negozio Buone Feste 2019 da Artesplorandoshop.spreadshirt.it/artesplorando.

ARTE, ESPLORAZIONE, DIVULGAZIONE.

LE TRE PAROLE CHIAVE DI ARTESPLORANDO

E per il 2020? ho in mente un po’ di progetti, ma per ora …

Buone Feste Artesploratori Buone Feste 2019 da Artesplorando

Artesplorando si prenderà un paio di settimane di vacanza per riordinare le idee e tornare più carico di prima. Per cui arrivederci al 2020!

C.C.

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Gli audioquadri di dicembre 2019

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L‘audioquadro è un nuovo modo per conoscere i più grandi capolavori della storia dell’arte. In maniera semplice e in pochi minuti. Qui l’elenco di tutti gli audioquadri usciti a dicembre 2019.

Vincent van Gogh

Vincent van Gogh | Autoritratto

Come molti artisti prima di lui Vincent van Gogh si è ritratto molte volte: esistono oltre 40 autoritratti del pittore, dipinti o disegnati, eseguiti in una decina di anni di lavoro. Ma fra tutti gli autoritratti forse quello conservato al museo d’Orsay è uno dei suoi più belli, se non addirittura il migliore. L’opera risale a un momento particolarmente difficile per Vincent: fu infatti realizzata nel settembre del 1888 al manicomio di Saint Remy, piccolo comune della Provenza. L’artista vi era ricoverato perché a seguito di una crisi di follia durata due mesi, tentò di uccidersi ingerendo i suoi colori. Van Gogh si guarda allo specchio senza compiacimento, forse perché realizzare il proprio ritratto è un gesto che può scatenare molte domande che possono andare a turbare l’identità di un’artista.

Letture dal blog

➡ www.artesplorando.it/tag/vincent-van-gogh

Letture consigliate

➡ Van Gogh. Tutti i dipinti http://amzn.to/2vSLX7b
➡ Lettere a Theo http://amzn.to/2wM077e
➡ Van Gogh http://amzn.to/2vTidHT

Giotto | San Francesco riceve le stimmate

Questa tavola è firmata “Opus Jocti Florentini” da un giovane Giotto, pittore e architetto fiorentino considerato il fondatore di un nuovo modo di dipingere. L’opera in questione, San Francesco riceve le stimmate, fu realizzata per la chiesa del convento di San Francesco a Pisa tra il 1290 e il 1295. Illustra quattro episodi della vita del santo fondatore dell’ordine francescano. La scena principale, dipinta su fondo oro, mostra il Santo mentre riceve le stimmate da un Cristo raffigurato sotto forma di angelo. Dalle sue ferite partono fasci di luce che vanno a colpire le rispettive parti del corpo di San Francesco. Nella parte bassa sono raffigurati altri tre episodi: La visione di Innocenzo III, durante la quale il papa vide San Francesco salvare la Chiesa dalla rovina. La conferma della regola francescana da parte di Innocenzo III e San Francesco che predica agli uccelli, un’allusione alle capacità del santo di parlare ai poveri e agli emarginati.

Giotto

Letture consigliate

➡ La pecora di Giotto, Luciano Bellosi http://amzn.to/2wLZ9aP
➡ Giotto o non Giotto, Dario Fo http://amzn.to/2usuBhS
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Antonello da Messina | Cristo in pietà e un angelo

Questa straordinaria opera risale all’ultimo periodo di Antonello, quando attorno al 1476 fece ritorno a Messina, città che l’artista rende visibile nel bel paesaggio verdeggiante sullo sfondo del dipinto. La tecnica pittorica di Antonello fu influenzata dai molti spostamenti, dagli artisti e dalle opere che incontrò lungo il cammino. Il pittore seppe unire la resa minuziosa della realtà, tipica dell’arte nord europea, con il trattamento monumentale dell’anatomia e una preoccupazione per il volume e la prospettiva caratteristiche dell’arte italiana.

Antonello da Messina - San Girolamo nello studio

Letture consigliate

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C.C.

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Rembrandt, Giuditta al banchetto di Oloferne

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Rembrandt, Giuditta al banchetto di Oloferne
Rembrandt, Giuditta al banchetto di Oloferne

L’opera di fronte a voi fa parte di un gruppo di allegorie personificate da donne eroiche della Bibbia o dee dell’antichità, dipinte da Rembrandt tra il 1633 e il 1635. In particolare questa tela è una delle più misteriose dipinte dal maestro olandese, tanto che ad oggi ancora non si ha la certezza sul tema rappresentato. Su uno sfondo scuro spicca la figura di una donna riccamente vestita con un abito ricamato d’oro, dalle lunghe maniche a sbuffo e dal collo d’ermellino. Abbondano anche i gioielli tra cui una catena d’oro con rubini e zaffiri, un braccialetto di perle, una doppia collana, orecchini e tra i capelli ancora perle. È seduta su una poltrona di cui sono visibili solo i braccioli di velluto, accanto a un tavolo coperto da un tessuto damascato su cui giace un libro aperto.

Una serva che si inginocchia davanti a lei con la schiena rivolta allo spettatore, le offre un calice costituito da una conchiglia montata su un sostegno d’oro, contenente probabilmente vino. La luce entra da sinistra e colpisce direttamente l’abito sfarzoso della donna, illuminando per riflesso il profilo della serva. Nello sfondo molto scuro si distingue la figura di una donna anziana. Indossa un cappello bianco e tiene con entrambe le mani un sacco dal quale pende una corda. A far da modella per la protagonista del dipinto, come accadde in molti altri di Rembrandt, fu la moglie e musa Saskia. A giudicare dalla grande tenerezza che traspare dai numerosi ritratti della moglie realizzati dall’artista, la loro dev’essere stata un’unione davvero felice. Ma tornando al significato dell’opera, qui chi rappresenta Saskia?

Il significato dell’opera

Molte le ipotesi fatte: alcuni credono che si tratti di Sofonisba, nobildonna di Cartagine, che si uccise con una coppa avvelenata per non finire schiava dei romani. Altri propendono per la regina greca Artemisia, moglie di Mausolo, a cui si deve la parola “mausoleo”, che alla morte del marito ne bevve le ceneri sciolte in un calice. Probabilmente nessuna di queste è corretta. Studi approfonditi compiuti sul quadro da esperti del museo identificano la protagonista della scena come Giuditta, eroina biblica, al banchetto di Oloferne a cui lei, in seguitò, tagliò la testa. La vecchia con il sacco dove fu messa la testa, il calice di vino usato per addormentare Oloferne e il libro, riferimento alla Bibbia, confermerebbero questa ipotesi. Una tesi storica a sostegno di quest’ipotesi è che Giuditta, con la sua lotta per la liberazione del popolo ebraico, incarnò le rivendicazioni patriottiche degli olandesi contro il dominio spagnolo.

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C.C.

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