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I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

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I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

Passano i giorni, e la fine di questo periodo di reclusione forzata, purtroppo, sembra ancora lontana. Tra i tanti possibili escamotages per passare il tempo, perché non approfittarne per ampliare il proprio bagaglio cinematografico? Ai più appassionati forse sembrerà di essere a corto di idee e che la ricerca di un titolo nuovo ed attraente tra i tanti proposti dai blog di cinema sia impresa sempre più ardua.

Ebbene, noi di Artesplorando abbiamo provato a stilare per voi un elenco inusuale, che propone film se non propriamente ispirati al mondo dell’arte, sicuramente caratterizzati da una buona dose di estetica, e soprattutto non troppo noti al grande pubblico. Cinque film d’autore da vedere durante la quarantena. Del resto, in un momento in cui la bellezza ci appare come un ideale tanto necessario quanto lontano dalla nostra portata, guardare un film che sia bello nel senso più esaustivo del termine, potrebbe se non altro farci trascorrere qualche ora più leggera.

Cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

1 La Favorita

Regista: Yorgos Lanthimos
Anno: 2018
Genere: Biografico, Grottesco
Durata: 120 minuti

Il maestro greco Yorgos Lanthimos, conosciuto ai più per l’onirico The Lobster, si destreggia in un grottesco dramma ambientato nell’Inghilterra del XVIII secolo alla corte della regina Anna, una donna fragile e dalla salute cagionevole. All’interno della pellicola la sovrana (interpretata da Olivia Colman) si lascia manipolare dai più stretti componenti della sua corte per ottenere un po’ di affetto e di attenzioni. Le sorti del Paese sono quindi in mano alle sue dame più fidate, Abigail (Emma Stone) e Sarah (Rachel Weisz), che lotteranno fino all’ultimo colpo per ottenere lo status di “prediletta” nonché il potere politico che ne deriva.

Il regista crea una maestosa pagina di cinema dando vita ad un dramma dove si intrecciano le fantasie e gli stereotipi più classici, meccanismi tipici della tensione cinematografica. Una carrellata di momenti giocosi e rocamboleschi alternati da inquadrature sfacciate date da veloci movimenti di camera. La confezione tecnica del film è pregevole, sia dal punto di vista delle luci (belle le sequenze al buio che richiamano Barry Lindon) che delle riprese a grandangolo. Il tutto sottolineato da un sonoro incessante e, in alcuni casi, volutamente disturbante. La Favorita suggerisce l’aspetto più tenero, ma allo stesso tempo viziato di una relazione, denunciando la vulnerabilità dei rapporti umani.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

2 Les Amour Immaginare

Regista: Xavier Dolan
Anno: 2010
Genere: Drammatico
Durata: 101 minuti

Xavier Dolan, enfant prodige canadese, all’età di ventun anni scrisse, diresse e girò questo piccolo gioiello del cinema internazionale. Francis e Marie sono due amici di vecchia data che vivono a Montreal. Un giorno, durante un pranzo, incontrano Nicolas un loro coetaneo trasferitosi da poco in città. Dal primo sguardo il ragazzo si trasforma per entrambi in un oggetto del desiderio. L’ amicizia dei due giovani rischia così di andare progressivamente in frantumi. Rispetto all’intera filmografia del giovane regista Gli amori immaginari appare come un film morbido, dolce amaro, che oscilla costantemente tra la commedia ed il dramma.

Al suo interno vi sono però gli stilemi riconoscibili nei lavori successivi del regista, che riesce come nessuno a comunicare gli stati d’animo dei personaggi attraverso le immagini. Oltre ciò merita una menzione la colonna sonora che celebra e reinterpreta i classici della musica pop. La pellicola appare acerba alla critica cinematografica, ma nella sua giovane ruvidità riesce a restituire il gusto per un cinema che non si allinea e non può essere catalogato, capace di raccontare con la magia della figurazione i sogni e le delusioni di un amore adolescenziale.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

3 Cortesie per gli Ospiti

Regista: Paul Schrader
Anno: 1990
Genere: Thriller
Durata: 104 Minuti

Paul Schrader non ha bisogno di alcuna presentazione, sceneggiatore e regista pluripremiato, nel 1990 firma The Comfort of Strangers, un film tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan. La trama parla di una coppia di coniugi, Colin e Mary, che per arginare la crisi della loro relazione scelgono di tornare a Venezia, città in cui passarono diversi momenti felici insieme. Una notte, durante la ricerca di un ristorante ancora aperto, la coppia si perde per calli della città, ormai rassegnati e stanchi incontrano Robert (Christopher Walken), un uomo misterioso e distinto che li invita a seguirlo in un bar frequentato da locali. Da quell’incontro la vacanza romantica prenderà una piega inaspettata per i due protagonisti. La prima parte della pellicola è decisamente flemmatica, fredda quasi a volere trasmettere anche allo spettatore la stanchezza e ripetitività che ormai caratterizza il rapporto tra Mary e Colin.

Il personaggio di Walken cambia completamente le sorti del film, che acquista di tono e cattura completamente trasmettendo un insana sensazione di malessere che permane anche dopo la visione. Questo significa che il regista è riuscito nel suo intento, seminando dubbi, incertezze, paure e inquietudini. L’allure di Venezia, che qui appare labirintica e orientaleggiante, risulta ben lontana dalle tipiche e artefatte immagini turistiche, questo grazie alla fotografia curata dal maestro Dante Spinotti, che ha conferito alla città struggenti tinte giallo-arancio. Grande il contributo tecnico di alcuni dei principali maestri nei loro campi. Le scene di Gianni Quaranta, la sceneggiatura firmata da Harold Pinter e ultimo, ma non per importanza, Giorgio Armani, che ha confezionato i costumi del film.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

4 Prima Pagina

Regista: Billy Wilder
Anno: 1974
Genere: Commedia
Durata: 105 minuti

Il Maestro della commedia Billy Wilder, sul finire della sua strabiliante carriera firma un film comico e satirico senza precedenti. La pellicola, consigliata di recente anche dal cineasta Paolo Sorrentino, parla di Hildy (Jack Lemmon), brillante giornalista del Chicago Examiner, che decide di abbandonare la sua professione per sposarsi ed andare a vivere a Philadelphia con la nuova moglie interpretata da una giovanissima Susan Sarandon. Il guaio è che decide di licenziarsi in prossimità di uno degli avvenimenti più importanti per la cronaca della città. L’esecuzione di uno sprovveduto e supposto anarchico reo di aver ucciso un agente di polizia. Il direttore della sua testata (un brillante Walter
Matthau) lo sprona invano a posticipare di un giorno il suo licenziamento per occuparsi del caso.

Quando però Hildy si reca sul luogo della notizia per salutare definitivamente i colleghi degli altri quotidiani, se dapprima è reticente, si lascia sempre più catturare dall’aria di scoop esclusivo che sta tirando. Wilder con questa opera cinematografica muove una tagliente critica al giornalismo, descrivendolo come un mondo insensibile fatto di incompetenza, mediocrità ed ipocrisia. La feroce e pungente satira contro una classe professionale dipinta alla stregua di un gruppo di avvoltoi pronti ad avventarsi su qualunque preda possa rivelarsi appetibile, arrivando addirittura a manipolarne la verità, voleva far riflettere l’opinione pubblica sulle notizie che prosperano nel mondo dell’informazione e della politica.

I cinque film d’autore da vedere durante la quarantena

5 Il magnifico cornuto

Regista: Antonio Pietrangeli
Anno: 1964
Genere: Commedia
Durata: 124 minuti

Il conte Artusi (Ugo Tognazzi), fabbricante di cappelli di lusso, ha una moglie giovane e dalla straordinaria bellezza (Claudia Cardinale). Il loro rapporto sembra andare a gonfie vele nella massima fiducia reciproca. Ma quando lui cede alle provocazioni di un’amica di famiglia e si concede una scappatella, comincia a sospettare che la moglie possa fare altrettanto. Lei d’altra parte è conosciuta per la sua “serietà”, ma questo non aiuta il conte che anzi trasforma il suo sospetto in una vera e propria ossessione, portandolo a cacciarsi in situazioni comiche e surreali. In un periodo di transizione come quello del Dopoguerra Pietrangeli descrive i costumi di una società in cambiamento, l’emancipazione della figura femminile e le ossessioni che questo nuovo equilibrio possono provocare nell’uomo.

È la donna che ormai conduce esplicitamente i giochi amorosi e l’uomo può solo adattarsi
cercando di mantenere al meglio il proprio ruolo ma finendo per perdere l’autonomia. Esplicita la metafora che si vede negli altri quello che si è, Tognazzi comincia a sospettare della moglie appena egli stesso tradisce e ormai da “esperto” coglie segni ovunque. La risposta in questo caso non può mai venire dall’altro, ma come per Tognazzi, diventa un necessario adattamento alla nuova realtà. Esausto, si convince della fedeltà della moglie, proprio quando lei comincia a tradirlo, e da questo momento non dubiterà più.

Emanuela Bruschi

Sono Emanuela, storica dell’arte e veneziana d’adozione. I miei interessi vertono specialmente sul rinascimento italiano e il cinema d’autore.

Altre idee tra arte, cult-fiction e cinema dal blog ➡ www.artesplorando.it/tag/arte-e-cinema
Qui una lettura consigliata ➡ Atlante delle emozioni. In viaggio tra arte, architettura e cinema https://amzn.to/2W0PUjg

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10 momenti di circo

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Dieci momenti di circo, alla scoperta di grandi capolavori della storia dell’arte che forse non vi saranno tutti noti. Nuovo video della serie “10 momenti di …”, realizzato da Artesplorando con lo scopo di offrirvi dei punti di vista originali sull’arte.

Il circo, a partire dal XIX secolo, ha avuto un ruolo importante nell’immaginario degli artisti che lo hanno più volte rappresentato nelle loro opere. Acrobati, saltimbanchi, clown … un velo di malinconia riveste questo mondo circense. Divertimento si, ma anche pericolo e morte sempre in agguato per chi lavora in questo ambiente.

10 momenti di circo

Troverai un breve commento alle seguenti opere:
➡ Francisco Goya, puntuale sciocchezza, 1820 circa
➡ Honoré Daumier, L’uomo forzuto, 1865
➡ Edgar Degas, Miss Lala al Circo Fernando, 1879
➡ Henri Toulouse-Lautrec, Cavallerizza, 1888
➡ Georges Seurat, Il Circo (incompiuto), 1891
➡ Pablo Picasso, La famiglia di saltimbanchi, 1905
➡ August Macke, Circo, 1913
➡ Ernst Ludwig Kirchner, Cavaliere del Circo, 1914
➡ Marc Chagall, Scena del Circo, 1958
➡ Fernando Botero, Gente del Circo, 2008

Il video è anche sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Puoi contribuire anche tu a migliorare i sottotitoli in lingua straniera, accedendo nell’apposito spazio del canale Youtube. Segui quindi la playlist “10 momenti di …” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo quindi è prezioso. 😊

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➡ Storia dell’arte in pillole: http://bit.ly/2HkVHxp
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Quindi buona lettura, ma anche buona visione!

C.C.

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Renoir

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Renoir

Renoir è un film francese realizzato nel 2012 dal regista Gilles Bourdos e distribuito nelle sale nel 2013. È stato presentato in coda alla sezione Un Certain Regard, al Festival di Cannes nel 2012 ed è stato anche scelto per rappresentare la Francia agli Oscar del 2014 nella categoria Miglior film straniero. Come possiamo intuire dal titolo, il film prende le mosse dalla vita di Pierre-Auguste Renoir. La formazione di questo pittore non è diversa da quella degli altri artisti dell’epoca se non fosse per l’eccezionale congiuntura degli incontri e dei rapporti che si intrecciarono. Renoir conobbe Monet, Sisley e Bazille con cui strinse un sodalizio che sarà determinante per la sua crescita pittorica e per il corso della storia dell’arte. Ma il film in questione si sofferma sugli ultimi anni di vita del pittore, ritiratosi nel sud della Francia.

La trama in poche righe

Ambientato sulla Costa Azzurra nell’estate del 1915, il film prende le mosse dalla figura di Jean Renoir, figlio del pittore impressionista, tornato a casa dopo essere stato ferito negli scontri della prima guerra mondiale. Al suo fianco c’è Andrée, una giovane donna che incanta e ispira sia Renoir padre che figlio. Il film racconta come Andrée Heuschling, una giovane donna che divenne modella del pittore impressionista, fu per lui, alla fine della sua vita, una fonte di ispirazione importante. Renoir trovò una nuova spinta vitale, proprio nel momento in cui cominciò a soffrire di gravi reumatismi deformanti che lo portarono alla quasi paralisi delle gambe. Non appena arriva nella grande casa di Renoir, Andrée disturba l’ordine domestico che la circonda. Suscita la gelosia delle molte cameriere che si prendono cura del vecchio pittore, con cui pensano che “finirà a letto”, come le altre modelle che l’hanno preceduta. Ma suscita anche l’interesse del figlio di Auguste, Jean Renoir. Inutile dirvi che tutto ciò innescherà una serie di reazioni ed eventi che mescoleranno arte, creatività e vita famigliare.

Renoir

L’opinione sul film

Gilles Bourdos è riuscito a creare un film di belle immagini e contenuti emozionanti. Non c’era rivalità tra padre e figlio. Le scene in cui Jean assiste il padre sono prese dalla realtà: c’è un frammento di filmato d’archivio su YouTube che lo documenta. Ovviamente è un film che dimostra molta riverenza nei confronti di Renoir, come si addice a una figura della sua statura. Ma la figura di Jean è quasi più interessante e tuttavia il suo personaggio viene meno sviluppato, facendo nascere in noi molte domande. Da dove viene la sua passione per il cinema che lo porterà poi a diventare regista? E come è maturato il suo rapporto con Andrée che diventerà poi la sua musa in molti film? Questo sarebbe potuto essere materiale anche per un altro film. E come si può vedere dai titoli di coda, la dinastia Renoir si manifesta ancora nel mondo del cinema.

Ottima la fotografia di Ping Bin Lee che sembra dipingere le immagini con toni vibranti, come se fossimo in un quadro impressionista o post-impressionista. La macchina da presa cattura delicatamente i riflessi della luce che Pierre-Auguste fissa sulle proprie tele. È un film davvero interessante, che innesca la voglia di scavare più in profondità, per saperne di più su Renoir, padre e figlio e sulla incantevole figura di Andrée Heuschling.

Continua l’esplorazione

La scheda sul film ➡ www.imdb.com/title/tt2150332/

➡ Tutti i post dedicati all’artista
➡ Renoir, di Peter H. Feist http://amzn.to/2qGeHy3
➡ Renoir, mio padre, di Jean Renoir http://amzn.to/2qk1b08
➡ Renoir. Ediz. illustrata, di M. Teresa Benedetti http://amzn.to/2reGC4b

C.C.

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Gli audioquadri di febbraio e marzo 2020

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L‘audioquadro è un nuovo modo per conoscere i più grandi capolavori della storia dell’arte. In maniera semplice e in pochi minuti. Qui l’elenco di tutti gli audioquadri usciti a febbraio e marzo 2020.

Andrea Mantegna

Andrea Mantegna | il Parnaso

Il Parnaso di Andrea Mantegna fu dipinto circa nel 1497, come una rappresentazione della montagna al centro della Grecia dedicata al culto del dio Apollo e alle nove Muse, delle quali era una delle due residenze. Il dipinto culmina nell’allegoria dei due committenti. Isabella d’Este come Venere e suo marito Francesco Gonzaga come Marte, sotto il cui regno a Mantova fiorirono le arti simboleggiate da Apollo e dalle Muse. Il pittore raffigurò Marte armato e Venere nuda in cima a un colle; sotto di essi si snoda la danza delle Muse accompagnate dalla melodia della lira di Apollo. Da un lato vediamo Mercurio e Pegaso; più discosto a sinistra fa la sua comparsa Vulcano, marito di Venere, mentre impreca contro gli amanti.

Andrea Mantegna | morte della Vergine

Quando si parla di Andrea Mantegna si parla di un artista assolutamente fondamentale per l’evoluzione dell’arte e della pittura. Nato nel 1431, figlio di un umile falegname di periferia, Mantegna è stato un genio precoce nella pittura forse come Mozart lo fu nella musica. L’artista verso il 1459 entrò al servizio dei signori di Mantova in veste di pittore di corte della famiglia Gonzaga e questo lavoro fu dipinto proprio per loro. La Vergine Maria si trova sul suo letto di morte, circondata da undici apostoli. La scena rappresenta l’ultimo istante della sua vita sulla terra. Secondo i vangeli apocrifi, una serie di testi esclusi dalla Bibbia, dopo la morte terrena il corpo e l’anima di Maria sono stati trasportati in cielo da Gesù.

Letture consigliate

➡ Vita di Andrea Mantegna pittore https://amzn.to/2AX4bVU
➡ Andrea Mantegna. Gli sposi eterni https://amzn.to/2QEiDvM
➡ Mantegna. Ediz. illustrata per Mondadori Electa
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Letture dal blog

➡ www.artesplorando.it/tag/andrea-mantegna

Caravaggio | David e Golia

Questo dipinto illustra un tema presente nella Bibbia, molto rappresentato nella storia dell’arte. È il momento in cui David, giovane pastore, uccide il gigante Golia con la sua fionda, tagliandogli poi la testa per farne un trofeo. Il dipinto venne realizzato agli inizi della carriera di Caravaggio, quando si trovò a lavorare per un importante committente a Roma, il cardinale Francesco Maria Del Monte. Questi non fu un cardinale come gli altri: conosceva il greco, l’ebraico e altre lingue orientali, si pensa che praticasse l’alchimia e che fosse aperto a idee nuove nel campo della scienza, dell’arte e della cultura in generale. Amante della musica, riceveva gli ospiti circondato da una vera e propria corte, come un sovrano. Caravaggio fece un’ottima impressione a quest’uomo che decise di offrigli vitto, alloggio e piena libertà d’azione. In questo contesto l’artista realizzò l’opera che vedete qui.

Caravaggio

Letture dal blog

➡ www.artesplorando.it/tag/caravaggio

Letture consigliate

➡ Caravaggio. L’opera completa, Sebastian Schütze http://amzn.to/2oMQwdr
➡ Caravaggio, Maurizio Calvesi http://amzn.to/2pASeP5
➡ Caravaggio segreto. I misteri nascosti nei suoi capolavori, Costantino D’Orazio http://amzn.to/2pfB1Of

Raffaello Sanzio | ritratto di giovane cardinale

Raffaello Sanzio, insieme a Leonardo e Michelangelo è uno dei pilastri del rinascimento maturo, un vero genio, la cui carriera venne stroncata da una morte prematura. Pochi lo ricordano come un grande ritrattista: invece, anche sotto questo aspetto, l’artista ha offerto splendidi saggi, destinati a restare a lungo nella storia della pittura. Lo vediamo bene nel ritratto di giovane cardinale del Prado. Di quest’opera si è parlato molto perché ad oggi non sappiamo chi sia la figura rappresentata. Si sono fatti i nomi di diversi cardinali alla corte di papa Giulio II. Giulio de’ Medici, il Cardinal Bibbiena, Innocenzo Cybo, Francesco Alidosi, Scaramuccia Trivulzio e Ippolito d’Este. A parte la grande qualità d’esecuzione, l’aspetto più sorprendente di questo ritratto è la capacità che ebbe Raffaello di sintetizzare l’immagine definitiva e universale di un cardinale del rinascimento. Non a caso questo dipinto viene indicato come “il cardinale”, piuttosto che “Ritratto di un cardinale”.

Raffaello Sanzio

Letture dal blog

➡ www.artesplorando.it/tag/raffaello

Letture consigliate

➡ Giunti Editore, Raffaello http://amzn.to/2vSb1cg
➡ Raffaello, Taschen http://amzn.to/2wjLlbK
➡ Raffaello. Una vita felice http://amzn.to/2fUnTul

Maja Desnuda e Maja Vestida | Goya

La Maja Desnuda e Maja Vestida, due delle opere più famose del pittore spagnolo Francisco Goya. Da un lato una donna vestita con un abito trasparente e una giacca gialla con decorazioni nere, distesa su un divano di velluto verde con cuscini. Dall’altro lato la stessa donna sdraiata sullo stesso divano, ma in questo caso completamente nuda come Venere, dea della bellezza. Fiumi d’inchiostro sono stati versati per queste opere fatte per stare l’una vicina all’altra. Il motivo di tanto interesse è che ancora oggi non sappiamo chi sia la donna rappresentata e nemmeno chi sia il committente. Tra le poche certezze, si sa che i due dipinti erano nella collezione del potente ministro spagnolo Godoy, i cui beni furono sequestrati nel 1814. Le due opere passarono alla Real Academia de San Fernando e giunsero al Prado nel 1901.

Saturno che divora i suoi figli | Goya

I dipinti murali che decoravano la casa detta “La Quinta del Sordo”, chiamata così perché abitata precedentemente da un sordo e in cui Francisco Goya visse alcuni anni della sua vecchiaia, sono conosciuti come le “pitture nere” per il prevalere dei toni scuri e per i temi inquietanti trattati. Queste straordinarie opere rappresentano un mondo tenebroso, dove l’orrore è espresso in tutte le sue forme, segnato dal mito di Saturno, simbolo di morte e di distruzione. Molto probabilmente le “pitture nere” sono l’espressione delle pessimistiche meditazioni che l’artista fece pensando alla situazione politica spagnola dell’epoca. Nel 1814 infatti la monarchia venne restaurata dopo un periodo di rivoluzioni.

Letture consigliate:

➡ I capricci. Ediz. a colori http://amzn.to/2vRqY48
➡ Goya, le pitture nere http://amzn.to/2vRp8jE
➡ Goya. I disastri della guerra http://amzn.to/2xip62h

Letture dal blog:

➡ www.artesplorando.it/tag/francisco-goya

Tiziano | l’imperatore Carlo V a Mühlberg

La storia di questo ritratto è legata a due figure unite da un rapporto di committenza. Il grande Tiziano da un lato e dall’altro l’imperatore Carlo V. Il primo è uno dei pochi artisti che hanno avuto un ruolo veramente incisivo nell’evoluzione dell’arte, introducendo un nuovo modo di maneggiare i colori, di mettersi in relazione con le figure che stanno dentro l’opera, di stendere i colori sulla tela. Il secondo è una delle più importanti figure della storia d’Europa, incoronato re di Spagna e d’Italia, Arciduca d’Austria e Imperatore del Sacro Romano Impero Germanico. Sovrano di un impero talmente vasto ed esteso che gli viene tradizionalmente attribuita l’affermazione: “Il mio regno è tanto vasto che non tramonta mai il sole”.

Tiziano | Bacco e Arianna

L’opera che vi propongo oggi fa parte di una serie di tele commissionate da Alfonso I d’este, signore di Ferrara, città del nord Italia sede di una ricchissima corte rinascimentale, per la decorazione del suo studiolo privato. Luogo di meditazione e svago, il cosiddetto “Camerino d’alabastro”, oltre a Bacco e Arianna di Tiziano, vantò anche dipinti di Giovanni Bellini, di Dosso Dossi e una serie di sculture in marmo di Antonio Lombardo. Insomma un vero scrigno d’arte. Oggi, dopo svariate vicissitudini, le opere dello studiolo sono sparpagliate in vari musei del mondo tra cui la National Gallery di Londra. La tela di Tiziano, in particolare, ha subito anche diversi danni. Oggi per fortuna riparati a seguito di molti interventi di restauro, poiché venne più volte arrotolata su sé stessa in malo modo per essere trasportata più agevolmente.

Tiziano

Letture dal blog:

➡ https://www.artesplorando.it/tag/tiziano

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video sono anche sottotitolati in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per i sottotitoli in lingua straniera puoi contribuire anche tu! Segui quindi la playlist “audioquadri” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo è quindi prezioso. 😊

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Buona visione e buona lettura!

C.C.

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Mark Rothko, arancione, prugna, giallo

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Mark Rothko, arancione, prugna, giallo
Mark Rothko, arancione, prugna, giallo

Il pittore americano di origine russa Mark Rothko a partire dal 1947 cominciò a elaborare il suo stile inconfondibile che gli regalò tante critiche e tanta celebrità. I suoi dipinti più tipici, proprio come questo di fronte a voi, di solito sono in formato verticale, caratterizzati da grandi zone rettangolari di colore, disposte parallelamente tra loro. Spesso i bordi di queste forme sono irregolari, proprio come è evidente nel rettangolo color prugna al centro di quest’opera. I contorni frastagliati danno un effetto soffuso e pulsante, tanto che ci sembra quasi che il rettangolo centrale fluttui delicatamente sopra la tela.

Questo dipinto di media dimensione, se osservato con attenzione, produce un senso di calma e contemplazione, ma al contrario del suo aspetto rilassante costò a Rothko un notevole sforzo emotivo poiché le sue vibranti opere di colore affermano il potere della pittura astratta nel trasmettere un forte contenuto emozionale e spirituale. A tal proposito l’artista stesso disse:

Io non sono un artista astratto … Non mi interessano i rapporti di colore o di forma o niente del genere. Mi interessa solo esprimere le emozioni umane fondamentali. Tragedia, estasi, dannazione … Chi piange davanti ai miei dipinti attraversa la stessa esperienza religiosa che ho attraversato io quando li ho realizzati.

Mark Rothko e il suo tragico epilogo

Rothko soffrì sempre di depressione, aveva un carattere difficile, beveva molto, prendeva troppi barbiturici e sostanzialmente si sentiva incompreso. In quest’opera realizzata nel 1950 hanno la meglio colori abbastanza luminosi e vivaci, ma in seguito i quadri dell’artista divennero più cupi, realizzati principalmente con toni del nero e del marrone. Lo stato di angoscia che tormentò costantemente Rothko lo portò a estreme conseguenze. L’artista si suicidò nel suo studio tagliandosi le vene e intossicandosi con due flaconi di antidepressivi. Era il 25 febbraio del 1970 e il pittore aveva sessantasette anni.

Dopo la morte la sua reputazione crebbe costantemente e di conseguenza crebbero le quotazioni dei suoi dipinti, anche se non mancarono mai le critiche, spesso feroci. Nel 1972 ad esempio Keith Vaughan, pittore britannico poco più giovane di Rothko, guardando le sue opere le giudicò grandi decorazioni noiose non sorprendendosi quindi che si fosse ucciso. Una curiosità: nel 2014 l’opera di Rothko No. 6 sorpassò tutti i record venendo acquistata dal magnate russo Dmitry Rybolovlev per 186 milioni di dollari, la terza cifra più alta mai pagata ad oggi per un dipinto.

Continua l’esplorazione

➡ www.artesplorando.it/tag/astrattismo

C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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Richard Gerstl: piccola guida per conoscere l’artista

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Richard Gerstl

Pittore austriaco, Richard Gerstl nacque a Vienna nel 1883. Vero prototipo di artista geniale e disadattato, incapace di giungere a compromesso con la realtà e in totale antitesi con il clima ancora decorativo del suo tempo, sarà una vera e propria meteora, per la brevità e intensità della sua vita. Apparteneva a una famiglia borghese benestante. Il padre, Emil Gerstl, era un commerciante ebreo. Già da ragazzo Gerstl decise di diventare un artista, con grande disappunto del padre. Dopo essere stato costretto a lasciare il famoso Piaristengymnasium di Vienna per comportamenti inappropriati, continuò la sua istruzione con tutor privati.

Seguì i corsi dell’accademia di Vienna, ma a causa del suo individualismo non ne sopportò a lungo la disciplina. A Vienna dal 1903 al 1908, e nel corso di vari soggiorni in Ungheria, eseguì i suoi dipinti poco numerosi e prevalentemente di figura. Dopo un iniziale influsso di Klimt subentrò quello di Van Gogh e soprattutto di Munch, che poté studiare nel corso di esposizioni viennesi, a partire dal 1905 circa. A uno stile legato alla secessione viennese, prese il posto quindi una versione del tutto personale dell’espressionismo.

L'autoritratto tra Otto e Novecento, una stagione all'inferno
Richard Gerstl, l’uomo che sorride

L’angoscia esistenziale dell’uomo moderno

Rappresentò spesso sé stesso in atteggiamenti diversi realizzando opere molto drammatiche. Nel corso del Novecento, l’angoscia esistenziale dell’uomo moderno, prenderà una trasfigurazione sensibile nel motivo del grido liberatorio o devastante. L’uomo che sorride di Gerstl, un autoritratto, è uno degli esempi più emblematici di questa angoscia. Gerstl amava provocare e dipingere contro le regole tradizionali, nella convinzione che stava esplorando “percorsi completamente nuovi” nell’arte. Creò dipinti spietati e sicuri che non aderirono ai modelli precedenti e rimasero unici. La sua opera è quella di un cercatore che ha anticipato gran parte di ciò che è venuto dopo di lui.

L’artista si rifiutava categoricamente di dipingere soggetti allegorici e non era interessato né all’arte applicata né all’arte grafica. La pittura di Gerstl, al contrario, era caratterizzata da una spietata immediatezza con una totale mancanza di simbolismo o riferimenti letterari. Sebbene Gerstl non si associasse ad altri artisti, si sentì sempre attratto dalla musica e dai musicisti. Intorno al 1907, iniziò a collaborare con i compositori Arnold Schoenberg e Alexander von Zemlinsky, che all’epoca vivevano nello stesso edificio. Gerstl e Schoenberg svilupparono un’ammirazione reciproca basata sui loro talenti artistici.

Richard Gerstl
Richard Gerstl, la famiglia Schonberg

Le opere più belle di Gerstl sono i ritratti: due gruppi della famiglia dell’amico compositore Arnold Schoenberg sono notevoli per la loro intensità psicologica. Ma questa amicizia finì tragicamente: l’artista dopo essere fuggito con la moglie di Shoenberg, si suicidò. Era il 1908 e Gerstl aveva appena 25 anni. La sua pittura inaugura uno stile di intensa immediatezza espressiva, dove la forma si identifica con il groviglio materico e l’inquieto uso del colore. L’opera di questo pittore anticipò l’espressionismo di Kokoschka e rimase poco conosciuta fino agli anni Trenta del XX secolo, quando fu acclamato come il Van Gogh austriaco.

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National Gallery of Ireland di Dublino

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Nuovo video della serie curata da Artesplorando, interamente dedicata ai musei e alla loro esplorazione. In questo approfondimento video scopriremo le 10 opere principali della National Gallery of Ireland di Dublino, selezionate secondo i miei gusti. Sarà come fare un viaggio virtuale nelle sale del museo con la mia voce a guidarvi.

National Gallery of Ireland di Dublino

Escludendo Londra, possiamo dire che questa galleria possiede la più nutrita collezione di dipinti di antichi maestri e di quadri ottocenteschi delle isole britanniche. La pittura italiana dei secoli XVI e XVII è uno dei suoi punti di forza e gli artisti irlandesi sono rappresentati in maniera eccellente.

➡ Caravaggio, cattura di Gesù, c. 1602
➡ Jean-Baptiste-Simeon Chardin, vaso di fiori, 1760-61
➡ Francisco Goya, ritratto di Antonia Zárate, c. 1805
➡ Gabriel Metsu, uomo che scrive una lettera, 1662-65
➡ Johannes Vermeer, signora che scrive una lettera con la sua domestica, c. 1670
➡ Rembrandt, Interno con figure (“La Main chaude”), c. 1628
➡ Andrea Mantegna, Francesco II Gonzaga, 1490
➡ Anthonie de Lorme, Interno della St Laurenskerk a Rotterdam, 1660-65
➡ Adam de Coster, cantante al lume di candela, 1625-35
➡ Diego Velazquez, cucina con la cena in Emmaus, c. 1618 – Nicolas Poussin, Acis e Galatea, c. 1630

Il video è sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per i sottotitoli in lingua straniera puoi contribuire anche tu! Segui quindi la playlist “Al museo con Artesplorando” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo è prezioso. 😊

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C.C.

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Theodore Gericault: piccola guida per conoscere l’artista

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Theodore Gericault

Personalità appassionata e anticonvenzionale, amante della moda e delle corse a cavallo, Theodore Gericault incarnò perfettamente la figura dell’artista romantico, precedendo il romanticismo. La sua famiglia, borghese e priva di legami con il mondo dell’arte, si trasferì a Parigi quando lui era ancora bambino. Spinto da una naturale inclinazione per l’universo artistico, Gericault ignorò la contrarietà dei genitori e si dedicò a una carriera nel mondo dell’arte. Una carriera che gli portò grandi successi in un periodo di tempo fatalmente breve. Le sue guide, da studente, furono Carle Vernet e il classicista Pierre-Narcisse Guerin, ma possiamo dire che gran parte della formazione di Gericault fu autonoma. L’artista trascorse moltissimo tempo a copiare i grandi maestri al Louvre. In questo modo scoprì una passione per lo stile barocco di Peter Paul Rubens e per l’opera di Michelangelo che studiò anche durante un soggiorno di due anni in Italia.

Theodore Gericault
Theodore Gericault, Ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale alla carica

Era ancora giovane e inesperto quando vinse la medaglia d’oro del Salon di Parigi con l’opera Ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale alla carica. Lo ammirarono anche gli artisti più progressisti che preferivano il realismo al rigido neoclassicismo. Vinse poi un’altra medaglia con il suo più grande capolavoro: la zattera della Medusa, considerato il manifesto artistico di Gericault. Fu così tra i primi a trattare con toni epici avvenimenti di cronaca. Molto discussa fu la sua decisione di fissare su tela il recente episodio di naufragio con brutale realismo unito alla grandiosità dello stile classico. Il quadro descrive la sofferenza dei sopravvissuti del naufragio della Medusa nel 1816, un disastro attribuito a un’incompetenza amministrativa e quindi con delle implicazioni politiche. Nel dipinto l’eroismo scaturisce dalla sofferenza umana, non tanto dall’evento in sé.

Un artista poliedrico

Gericault si trasferì poi in Inghilterra, dove visse tra il 1820 e il 1822, trovando sollievo dalla delusione per le critiche francesi all’opera la zattera della Medusa. Durante il soggiorno in Inghilterra Gericault dipinse fantini e corse di cavalli e fu uno dei primi a portare la pittura inglese all’attenzione dei pittori francesi. L’equitazione fu una delle sue grandi passioni e la sua produzione artistica include dipinti che rappresentano cavalli. Il derby di Epsom è una testimonianza di questa passione, con gli animali dipinti madidi di sudore lanciati a folle velocità sulla nuda terra sotto un cielo in tempesta. Rientrato in Francia, creò una serie di straordinari dipinti che ritraevano individui mentalmente disturbati, ritratti con un’umanità mai vista prima. Erano i pazienti psichiatrici ricoverati nella clinica del dottor Georget, uno dei pionieri nel trattamento umano dei malati di mente e amico dell’artista.

Theodore Gericault
Theodore Gericault, Il derby di Epsom

Era questa una delle facce di una carriera incredibilmente poliedrica, impressionante per la breve durata, dodici anni. L’artista infatti morì appena trentenne, nel 1824, per le conseguenze di una serie di cadute da cavallo e per la sua condotta irresponsabile e autodistruttiva. L’amore di Gericault per l’azione energica, il suo senso del movimento vorticoso, la mano forte nel dipingere e il gusto per il macabro sarebbero tutti diventati di lì a poco aspetti tipici del romanticismo. Allo stesso tempo si interessò al realismo, producendo studi del corpo umano, con particolare attenzione agli arti.

Se gli ostacoli e le difficoltà scoraggiano un uomo mediocre, al contrario al genio sono necessari, e quasi lo alimentano.

Theodore Gericault

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Chiarismo

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Le Artesplorazioni sono una serie di video che vi guideranno tra i movimenti e i temi della storia dell’arte, rispondendo alle 5 domande: cosa, chi, dove, quando e perché. Oggi parliamo del … Chiarismo!

Chiarismo

Si tratta di un movimento pittorico italiano che deriva il suo nome da una definizione del critico Leonardo Borgese, che in una recensione del 1935 coglieva in alcuni giovani artisti la predilezione per una pittura chiara, quasi tendente al bianco. Alcuni dei suoi rappresentanti si confrontarono anche con la pittura monumentale, realizzando affreschi. Ne furono protagonisti Angelo del Bon, Francesco De Rocchi, Umberto Lilloni, Adriano Spilinbergo, Cristoforo De Amicis, influenzati dal critico Edoardo Persico e stimolati dalla ricerca di Renato Birolli, artista sotto alcuni aspetti a loro vicino.

Il video è anche sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Per i sottotitoli in lingua straniera puoi contribuire anche tu! Segui quindi la playlist “artesplorazioni” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo quindi è prezioso. 😊

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Antoni Tàpies, sovrapposizioni di materia grigia

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Antoni Tàpies, sovrapposizioni di materia grigia
Antoni Tàpies, sovrapposizioni di materia grigia

Lui, Antoni Tàpies, è stato il più importante pittore spagnolo emerso dopo la Seconda guerra mondiale, avvicinandosi all’arte però come autodidatta. Dopo una prima fase in cui esplorò vari movimenti artistici come il surrealismo e l’astrattismo, Tàpies si avviò verso un percorso del tutto originale. L’artista cominciò a lavorare con vari supporti come la tela e il legno, incorporando ai dipinti argilla e polvere di marmo. Aggiunse anche materiali di scarto come carta, stringhe di scarpe e stracci e dopo il 1970 Tàpies spinse ai limiti l’accumulo di materiali diversi arrivando a utilizzare anche veri e propri oggetti come parti di mobili. Alla base di questo modo di fare arte c’era la netta convinzione da parte dell’artista che tutti gli oggetti d’uso comune avessero dignità nel processo creativo.

Antoni Tàpies, un incessante sperimentatore

Nel corso del suo lungo percorso artistico Antoni Tàpies si concentrò in modo particolare sulla sperimentazione incessante dei diversi regni della creazione artistica. Pittura, scultura, disegno e scrittura. In questo modo sviluppò un’identità singolare la cui importanza e influenza fece di lui un punto di riferimento per le successive generazioni di artisti. Dalle sue opere iniziali in stile tardo-surrealista si scostò, alla fine del 1950, verso la realizzazione di dipinti più originali. In queste nuove creazioni Tàpies modificò la tela di base con incisioni, tagli, graffiti e collage. Usò la superficie come fosse uno spazio aperto, quasi si trattasse di un muro. Ed è proprio ciò che vediamo in quest’opera del 1961 in cui l’artista si divertì a sovrapporre diverse superfici e diverse tonalità di grigio.

Il materiale principale qui è il cemento, poi un po’ di colori a olio sono applicati su di una tela a sua volta incollata ad una tavola di legno, che funge da supporto. L’artista in questo lavoro sperimenta, gioca con la materia, facendo un passo importante verso l’utilizzo successivo di altri segni, oggetti e materiali comuni, come la carta, lo stucco e via dicendo. Tutto questo serve a Tàpies per aumentare la presenza della realtà nelle proprie opere (in fondo cos’è più comune del cemento). Allo stesso tempo però riflette l’interesse dell’artista nei confronti della trasformazione fisica degli elementi. Tàpies ci offre una riflessione sulla natura delle immagini, espressa in un linguaggio complesso, a volte di origine simbolica, ma sempre rivendicando l’importanza della materia all’interno del suo processo creativo.

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➡ www.artesplorando.it/tag/astrattismo

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Luis Buñuel e Salvador Dalí, un chien Andalou

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Luis Buñuel e Salvador Dalí, un chien Andalou

0ggi non vi parlerò di un dipinto o di una scultura, ma di un video, per l’esattezza un cortometraggio di 24 minuti che è entrato nella storia del cinema e dell’arte. Si tratta di Un Chien Andalou il più significativo film del cinema surrealista. Questo movimento culturale che all’inizio del XX secolo coinvolse tutte le arti, poneva al centro della sua poetica l’inconscio, il sogno, il delirio e l’allucinazione. L’ispirazione per Un Chien Andalou ha avuto inizio con i sogni di due uomini, due artisti e due amici. Luis Buñuel e Salvador Dalì che cominciarono a lavorare su una sceneggiatura partendo da dei loro sogni passati. Realizzato nel 1929, il film non è invecchiato affatto. Le sue scene e le immagini sconnesse e ossessionanti sono ancora oggi scioccanti come lo erano di sicuro all’epoca in cui il cortometraggio uscì.

Un chien Andalou, una pellicola potente!

La ragione per cui la pellicola è così potente ancora oggi può risiedere nei temi di amore, sesso, morte e decadimento che sono eterni e attireranno sempre artisti e pubblico. Le immagini che vedrete in questo film sono apparentemente senza connessione, un flusso ininterrotto che forse vi ricorderà il mondo dei sogni con tutti i suoi significati psicologici profondi. La prima scena vi colpirà con tutto il suo orrore. Il regista, Luis Buñuel si avvicina a una donna con un rasoio e, tenendole un occhio ben aperto, lo taglia in due. Ovviamente la scena è un fotomontaggio e l’occhio tagliato è quello di un vitello morto, ma questa immagine racchiude in sé la missione rivoluzionaria del surrealismo che intendeva squarciare l’occhio dello spettatore mostrandogli tutto quello che non aveva mai visto prima o che non aveva mai voluto vedere

Le didascalie che compaiono durante il film seguono lo scopo surrealista e quindi non hanno nessun nesso con le immagini. L’unica cosa che emerge chiaramente è il tema di fondo e cioè l’attrazione erotica profonda e violenta tra un uomo e una donna. Il sogno sembra provenire dalla mente dell’uomo mentre la donna lo osserva, lo aspetta e lo cerca, ma quando lui si avvicina, lei lo respinge disgustata. Una curiosità: Un Chien Andalou è citato in moltissimi film, tra questi gli esempi più eclatanti sono Il silenzio degli innocenti di Jonathan Demme e Io ti salverò di Alfred Hitchcock. Inoltre la rock star e icona David Bowie nel suo tour del 1976, usò il cortometraggio surrealista come apertura per i suoi concerti.

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Francis Picabia, la spagnola

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Francis Picabia, la spagnola
Francis Picabia, la spagnola

Il talento di Francis Picabia come artista fu abbastanza modesto, ma la sua personalità energica e instancabile lo rese una figura importante per movimenti artistici come il cubismo, il dadaismo e il surrealismo, infatti fu attraverso le sue pubblicazioni come scrittore che aiutò queste avanguardie, cioè queste nuove correnti artistiche, a diffondere i propri ideali. Il centro nevralgico di queste correnti internazionali nei primi decenni del XX secolo fu Parigi anche se alcuni dei suoi principali componenti, come Picasso e Juan Gris, erano spagnoli. Solo dopo la prima guerra mondiale queste correnti si diffusero finalmente anche in Spagna, quando diversi artisti stranieri vi si trasferirono per sfuggire al conflitto.

Francis Picabia, la spagnola

Francis Picabia fu proprio tra le personalità del mondo dell’arte che in un modo o nell’altro si legarono alla Spagna, contribuendo a diffondere i nuovi linguaggi delle avanguardie in tutto il paese. Il suo amore profondo per tutti gli aspetti della vita spagnola andava oltre il semplice interesse di un turista di passaggio. Questo amore lo portò a realizzare un certo numero di opere tra il 1920 e il 1940 come un racconto unico e continuo. La spagnola che vedete ritratta qui è molto rappresentativa di questa passione di Picabia, legato in particolar modo ai simboli culturali di questa nazione. In questo ritratto, realizzato ad acquerello e matita su carta, vediamo una donna spagnola, vestita con i tipici abiti della tradizione.

In particolare notiamo la cosiddetta “mantilla” ovvero il velo di pizzo che copre la testa delle donne e che in genere è molto lungo. Le spose spagnole possono addirittura scegliere di indossare una mantilla di pizzo che copra la testa e il cui strascico superi persino il vestito. L’affascinante donna è rappresentata a mezzo busto, di tre quarti, non guarda verso di noi e ha un trucco curato, messo in evidenza dai tocchi di acquerello dati dall’artista. I dettagli sono più definiti nel volto, mentre si perdono nelle altre parti dell’opera, conferendole un aspetto di bozza, di rapido schizzo non finito. Ma la firma in basso a destra ci conferma che il disegno sia terminato e che l’artista era solo interessato a cogliere alcuni precisi particolari.

Una curiosità: Picabia, grazie a una rendita privata, riuscì a portare avanti le sue attività senza preoccuparsi di guadagnare. L’artista inoltre spese moltissimi soldi nelle altre sue passioni e cioè le automobili da corsa, le donne e più in generale uno stile di vita sregolato.

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Max Ernst, uccelli rossi

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Max Ernst
Max Ernst, uccelli rossi

A volte la storia dell’arte lascia indietro alcune figure di artisti invece molto importati ed è questo il caso. Max Ernst fu tra i maggiori esponenti del movimento dada, ma ancor di più del movimento surrealista anche se non scoprì subito la sua vocazione artistica. Inizialmente il giovane Ernst studiò filosofia e psicologia. Poi rimase a tal punto affascinato dall’arte dei malati di mente che cominciò a trascurare il lavoro accademico per dedicarsi alla pittura. Nel 1922 Ernst di trasferì a Parigi, dove fu parte della fondazione del movimento surrealista. All’artista piaceva particolarmente la tecnica del “collage”. Tecnica che gli consentiva di unire frammenti ritagliati da cataloghi o riviste tecniche per dar vita al suo immaginario irrazionale e capriccioso.

Un’altra tecnica fantasiosa in cui non ebbe rivali fu il “frottage” che Ernst scoprì nell’estate del 1925, quando si trasferì da Parigi in una piccola città sulla costa atlantica francese. L’artista ebbe l’illuminazione guardando i nodi del pavimento in legno della sua camera d’albergo. Il frottage è una tecnica che consiste nel creare un’immagine collocando un foglio di carta su una superficie ruvida e sfregando un pastello o una matita su di esso finché non appare la trama di quello che c’è sotto.

Ed Ernst fece proprio questo: passò una matita morbida su un pezzo di carta appoggiato sul pavimento di legno, facendo emergere una trama completamente casuale. Questo tipo di tecnica si rivelò particolarmente congeniale al surrealismo perché permise di scoprire delle immagini nuove riducendo al minimo la partecipazione consapevole dell’artista nella creazione dell’opera. E il surrealismo proprio a questo mirava. Liberare l’artista da qualsiasi legame con la razionalità, lasciando emergere il subconscio.

Max Ernst, uccelli rossi

L’opera che vedete qui rappresenta il passo successivo nelle indagini di Ernst sui metodi surrealisti, quando cioè l’artista scoprì la tecnica del “grattage”.  In questo caso la vernice ancora fresca viene grattata via dalla tela, avendo cura prima di collocarla su una superfice ruvida e irregolare composta ad esempio da pietre, conchiglie, legno e così via. I risultati di queste sperimentazioni furono tra i più originali e importanti dell’arte di Ernst e della serie di opere prodotte con questa tecnica, spesso incentrate sul tema della foresta e degli uccelli, la tela che vedete qui e una delle ultime realizzate dal pittore.

Una curiosità: Ernst organizzò nel 1920 una delle mostre dada più famose del movimento che rifiutò e criticò aspramente tutta l’arte del passato. Si trattò di un’esposizione provocatoria all’interno della serra di un ristorante in cui i visitatori entravano attraverso i bagni, e avevano a disposizione delle asce qualora volessero fare a pezzi i lavori esposti.

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Little Ashes

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Oggi ti voglio consigliare un film che purtroppo è ancora inedito in Italia, anche se facilmente recuperabile sulle piattaforme streaming in lingua originale sottotitolato. Little Ashes è un film di Paul Morrison che risale al 2008. Racconta gli anni giovanili di Salvador Dalì, interpretato da un Robert Pattinson che all’epoca era ancora semi-sconosciuto nel mondo del cinema. Little Ashes non è un film sulla vita di Dalì, quanto piuttosto ci racconta nel dettaglio dell’amicizia che nacque fra il pittore e il poeta e scrittore Federico Garcia Lorca. Un rapporto ancora oggi poco chiaro e che, secondo alcuni biografi, fu in realtà una storia d’amore, celata dal pittore surrealista per tanti anni. Ad ogni modo non fu mai confermata, forse a causa del regime franchista spagnolo che si scagliò ferocemente contro i rapporti omosessuali. Garcia Lorca venne giustiziato proprio per le sue inclinazioni sessuali. Mentre Dalì proseguì con la sua vita trasformandosi poi nell’icona geniale e discussa che tutti oggi conosciamo.

La trama in poche righe

Il film comincia a raccontarci la sua storia nel 1922. Siamo a Madrid, una città che vacilla sull’orlo del cambiamento mentre i valori tradizionali sono sfidati dalle nuove tendenze socio-culturali che stanno emergendo: il Jazz, Freud e l’avanguardia artistica. Salvador Dalì si iscrive all’università: ha solo 18 anni, ma è già determinato a diventare un grande artista. La sua strana miscela di timidezza e dilagante esibizionismo attira l’attenzione di due giovani intellettuali dell’università: Federico Garcia Lorca e Luis Bunel. Salvador viene assorbito dal loro gruppo decadente che i due ragazzi hanno creato.

Per un certo periodo i tre formano una formidabile squadra creativa, la più all’avanguardia nella Madrid di quegli anni. Tuttavia, col passare del tempo, Salvador si avvicina sempre di più al carismatico Federico, che a sua volta ignora le attenzioni rivoltegli dalla bellissima scrittrice Magdalena. Poi Luis parte per Parigi in cerca del proprio successo artistico, mentre Federico e Salvador trascorrono le vacanze a Cadaques, sul mare. L’ambiente idilliaco e il calore della famiglia di Dalì, originaria di quei luoghi, creano l’atmosfera giusta. I due amici si avvicinano, condividendo profonde convinzioni, ispirazioni e segreti, certi di aver trovato un tipo di amore unico. È più che un incontro di menti: è una fusione di anime. Ma la storia prenderà una piega diversa.

L’opinione sul film Little Ashes

Non essendo uscito in Italia, è normale che in pochi conoscano questo film, ma mi sento di consigliarvelo, principalmente per il nuovo punto di vista che offre sulla vita di Dalì. Lo vediamo cambiare sotto i nostri occhi e iniziare quel percorso personale che lo porterà al successo. Nel bene e nel male. Può inoltre essere interessante recuperare un Pattinson completamente inedito, alle prese con un personaggio tanto controverso e difficile per un attore agli inizi della propria carriera. Nell’interpretare il folle e al tempo stesso geniale Dalì va dato il merito a Pattinson di averne abilmente mostrato la graduale evoluzione: da timido, ma già stravagante nel vestirsi, e ancora sconosciuto a prepotente e quasi cinico uomo di successo attaccato al denaro, tanto da mettere da parte le proprie amicizie. Anche Javier Beltrán, nei panni di Lorca è molto espressivo ed entrambi sono credibili nelle scene amorose. Incornicia il tutto una bella colonna sonora e una gradevole ricostruzione storica del periodo che possiamo ammirare scena dopo scena nei costumi, nelle ambientazioni e nelle vicende che accompagnano i due protagonisti.

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La scheda sul film ➡ www.imdb.com/title/tt1104083/

➡ www.artesplorando.it/tag/salvador-dali
➡ Diario di un genio
http://amzn.to/2x0NyWj
➡ La mia vita segreta http://amzn.to/2wjQIrk

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Salvador Dalì, Metamorfosi di Narciso

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Salvador Dalì, Metamorfosi di Narciso
Salvador Dalì, Metamorfosi di Narciso

Questa interpretazione del mito greco di Narciso è opera del visionario artista spagnolo Salvador Dalì. Narciso era un giovane di grande bellezza che riusciva ad amare solo sé stesso e così facendo spezzava il cuore a molti amanti, uomini e donne. Gli dei decisero allora di punirlo, mostrandogli la sua immagine riflessa in uno stagno. Innamorato della figura specchiata nell’acqua, quando Narciso scoprì che non poteva abbracciarsi e baciarsi, si uccise per la frustrazione. Nel luogo dove morì germogliarono i primi narcisi, fiori dall’inebriante profumo. In quest’opera Dalì, il principe del surrealismo, scelse di rappresentare con un effetto allucinatorio la trasformazione di Narciso. Da figura in ginocchio a sinistra nello stagno, a fiore che spunta dall’uovo tenuto a destra da una mano gigante.

Nel paesaggio roccioso che fa da sfondo, spicca a destra una statua di Narciso su un piedistallo che ci mostra com’era il giovane prima della sua trasformazione. La metamorfosi del mito si svolge davanti ai nostri occhi. Lo vediamo nell’immagine di Narciso che è improvvisamente trasformato in una mano che si alza dal suo stesso riflesso. Questa mano trattiene con la punta delle dita un uovo o un seme da cui nascerà il fiore. L’artista creò l’opera per coinvolgere lo spettatore nella metamorfosi del protagonista facendo in modo che, per chi osserva il dipinto, Narciso svanisse a poco a poco, fino ad arrivare alla sua massima trasformazione.

Salvador Dalì e il surrealismo

Il surrealismo, a cui l’opera fa riferimento, fu un movimento culturale che all’inizio del XX secolo coinvolse tutte le arti, ponendo al centro della sua poetica l’inconscio, il sogno, il delirio e l’allucinazione. L’allucinazione data dalle immagini doppie simili, ma con significati diversi affascinò sempre moltissimo Dalì. Questo è il primo dipinto dell’artista a essere realizzato con il metodo cosiddetto “paranoico-critico”, che il pittore descrisse come un metodo spontaneo di creazione irrazionale, basato sull’associazione di elementi, immagini e forme apparentemente senza senso.

Una curiosità. Quando Dalì incontrò Sigmund Freud, il padre della psicoanalisi, a Londra nel 1938, porto con sé due cose: la foto di questo dipinto come esempio del proprio lavoro e una rivista contenente un articolo che Freud aveva scritto sulla paranoia. Il giorno seguente lo psicologo scrisse al giornalista che li aveva presentati…

Fino ad ora ero incline a considerare i surrealisti come folli al 100%. Questo giovane spagnolo, con i suoi occhi ingenui e la sua innegabile maestria tecnica, mi ha suggerito un diverso giudizio. In effetti, sarebbe molto interessante esplorare analiticamente la creazione di tali dipinti.

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Allora, vi è piaciuta quest’opera? Conoscevate già Salvador Dalì? Scrivetemi impressioni, pareri, suggerimenti e rimanete ancora con me su Artesplorando 🙂

➡ Tutti i post dedicati all’artista
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Wasilij Kandinskij, Cosacchi

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Wasilij Kandinskij, Cosacchi
Wasilij Kandinskij, Cosacchi

Lui, Wasilij Kandinskij, è un pittore russo vissuto tra Otto e Novecento, considerato l’ideatore della cosiddetta “pittura astratta”, una vera rivoluzione per la storia dell’arte. L’astrattismo o pittura astratta fu un movimento artistico i cui aderenti negarono la rappresentazione della realtà per riprodurre sulla tela, attraverso forme, linee e colori, i propri sentimenti. Quest’opera è legata per stretta somiglianza a un’altra molto più grande chiamata Composizione 4 ora conservata a Düsseldorf. C’è chi crede che l’immagine della Tate sia uno studio preparatorio per la Composizione 4, ma il fatto che Kandinskij inizialmente pensasse di chiamare il quadro Improvvisazione 17 può essere un’indicazione che l’artista la realizzò come opera fine a sé stessa.

Entrambe le immagini sono astrazioni oggettive, in cui la disposizione espressiva dei colori e delle linee è di primaria importanza, ma ancora sono visibili riferimenti al mondo reale. Si possono infatti vedere in alto a sinistra, due cosacchi a cavallo con i cappelli di pelliccia rosso-arancione, impegnati in un combattimento con le spade. Entrambi stanno roteando le lunghe e curve sciabole di color viola chiaro. Sotto i cavalli c’è un arcobaleno che sembra unire una valle e ai lati due file di canne di fucile una delle quali ha sparato, producendo una nube di colore rosso. In basso a destra vediamo altri tre cosacchi con delle lance e una sciabola in mano, sempre con i loro cappelli arancioni.

Wasilij Kandinskij, i cosacchi e la rivoluzione russa

In alto a destra, osservando con attenzione, riconosciamo un castello su una collina e un gruppo di uccelli in volo. Anche se gli oggetti della composizione sono appena riconoscibili, la sensazione di battaglia è espressa chiaramente dalle linee diagonali che si scontrano e si intersecano. Il fulcro di tutta la composizione è il gruppo dei cavalli e il castello descritto con spesse linee nere. Intorno a questa zona Kandinskij ha distribuito gli elementi forti di colore. I cappelli dei cosacchi, l’arcobaleno, gli spari, che distraggono l’occhio e rafforzano l’effetto disturbante. È molto probabile che l’artista faccia riferimento alla rivoluzione russa scoppiata nel 1905. Rivoluzione che portò profondi cambiamenti sociali e politici facendo pagare un prezzo molto alto in vite umane.

Il dipinto venne realizzato verso il 1911 quando Kandinskij viveva in Germania, nei pressi di Monaco di Baviera, nel momento in cui la sua arte cambiò forma, andando verso l’astrazione. Fu acquisito dalla Tate Gallery nel 1938 e divenne il primo quadro moderno del museo.

Letture consigliate

➡ Wasilij Kandinskij http://bit.ly/2pAaV4D
➡ Wasilij Kandinskij – Lo spirituale nell’arte http://bit.ly/2obssQn

Letture da Artesplorando blog

➡ www.artesplorando.it/tag/wasilij-kandinskij

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10 momenti di arte rinascimentale

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Dieci momenti arte rinascimentale, alla scoperta di grandi capolavori della storia dell’arte che forse non vi saranno tutti noti. Nuovo video della serie “10 momenti di …”, realizzato da Artesplorando con lo scopo di offrirvi dei punti di vista originali sull’arte.

Il termine rinascimento possiede la stessa radice della parola rinascita e nell’ambito delle arti visive si riferisce alla riscoperta dell’arte antica greca e romana e all’imitazione dei suoi ideali naturalistici. Alla generazione di artisti fiorentini del XV secolo è attribuita la paternità dell’arte rinascimentale. Tra le altre personalità figuravano Masaccio, Donatello e Brunelleschi. Firenze continuò a imporsi come principale centro artistico nel corso del XVI secolo, ma anche Roma divenne un centro molto importante per le arti.

10 momenti di arte rinascimentale

Troverai un breve commento alle seguenti opere:
➡ Donatello, san Giorgio, 1415-17
➡ Piero della Francesca, battesimo di Cristo, 1450
➡ Hugo van der Goes, trittico Portinari, 1475-77
➡ Enguerrand Quarton, pietà de Villeneuve-Les-Avignon, 1460
➡ Veit Stoss, altare di Santa Maria, 1477-89
➡ Pietro Torrigiano, tomba di Enrico VII e di Elisabetta di York, 1512-18
➡ Matthias Grunewald, altare di Isenheim, 1510-15
➡ Andrea del Verrocchio, monumento a Bartolomeo Colleoni, 1481-96
➡ Paolo Uccello, monumento equestre a Giovanni Acuto, 1436
➡ Andrea Mantegna, Camera degli Sposi, 1465-74

Il video è anche sottotitolato in italiano, inglese, francese e spagnolo. Puoi contribuire anche tu a migliorare i sottotitoli in lingua straniera, accedendo nell’apposito spazio del canale Youtube. Segui quindi la playlist “10 momenti di …” per non perderti mai nulla e lascia un commento sotto ai video in cui puoi tu stesso suggerirci opere oppure nuovi temi da trattare in futuro. Il tuo contributo quindi è prezioso. 😊

Letture consigliate

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➡ L’arte del Rinascimento. Una nuova storia http://amzn.to/2nabToE

Letture dal blog

➡ www.artesplorando.it/tag/rinascimento

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Quindi buona lettura, ma anche buona visione!

C.C.

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Henri Matisse, la lumaca

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Henri Matisse, La lumaca
Henri Matisse, La lumaca

I collage, insieme alla decorazione della Cappella del Rosario a Vence nel sud della Francia, costituiscono il coronamento della carriera artistica di Henri Matisse. Il pittore francese vissuto tra XIX e XX secolo fu il più noto esponente della corrente artistica dei Fauves che per prima usò colori e forme in maniera totalmente anti-naturalistica. L’artista dopo il 1948 non riuscì più a lavorare al cavalletto perché costretto a letto per problemi di salute. Un modo per continuare a produrre arte fu quindi realizzare una serie di collage. Il collage di per sé è un modo molto semplice e intuitivo per realizzare opere di ogni livello. Scolastico, ludico, artigianale o artistico. Basta infatti partire da una base e incollarvi sopra carte, fotografie, oggetti, ritagli di giornale o di rivista.

Negli ultimi anni della sua vita Matisse creò un gruppo di collage, alcuni di loro come questo molto grandi, che sono considerati la grande fioritura finale della sua arte. Matisse tagliava le forme con un paio di forbici da fogli colorati che successivamente venivano ricomposte da assistenti sotto la sua direzione. Questa tecnica, che aveva già iniziato a esplorare in precedenza gli aprì nuove possibilità. Il titolo dell’opera deriva dal modo in cui sono disposti i ritagli di colore che creano una spirale proprio come fosse il guscio di una lumaca.

In questo collage assistiamo a un processo di semplificazione delle forme che ha portato a una struttura aperta, fatta di frammenti colorati disposti in modo tale da suggerire un andamento a spirale nello spazio. Le forme sono veicoli per il colore, creando un effetto decorativo di grande intensità. Lo schema è costituito dai tre colori primari, rosso, giallo e blu e i tre secondari, verde, viola e arancione, con alcune variazioni. I non-colori bianco e nero offrono invece rispettivamente, il contrasto e la dimensione dello spazio. Matisse qui accosta deliberatamente colori complementari come il rosso e il verde, il blu e l’arancione, il giallo e il viola ottenendo un effetto forte e vibrante.

L’artista non aveva troppe preoccupazioni intellettuali, semplicemente rincorreva ciò che la realtà gli suggeriva e ciò che lo colpiva di più. In questo collage diede forma all’incanto che la realtà provocò in lui, ed è bello pensare che un uomo anziano e malato sia stato in grado di realizzare un’opera di tale gioia, conservando fino all’ultimo uno sguardo da bambino.

Continua l’esplorazione:

Allora, vi è piaciuta quest’opera? Conoscevate già Matisse? Scrivetemi impressioni, pareri, suggerimenti e rimanete ancora con me su Artesplorando 🙂

➡ Tutti i post dedicati all’artista
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C.C.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui

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The Danish Girl

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The Danish Girl

Oggi vi voglio consigliare un film che ci porta nelle vite delle pittrici danesi Lili Elbe e Gerda Wegener: The Danish Girl. Si tratta di una reinterpretazione della storia di Lili Elbe, prima Einar Wegener, la pionieristica artista transgender danese che, nel 1930, fu una delle prime persone a intraprendere un intervento di riassegnazione sessuale. Una storia quindi che intreccia la vita di due artiste con eventi personali che le rendono veramente uniche nella storia. La sceneggiatrice Lucinda Coxon ha adattato il romanzo di David Ebershoff del 2000 basato proprio sulla vita di Lili, e Tom Hooper ha diretto il film con grande talento.

La trama in poche righe

Ci troviamo nella Copenaghen degli anni venti: la ritrattista Gerda Wegener è sposata con il pittore paesaggista Einar Wegener. La vita di coppia procede tra alti e bassi dovuti alle difficoltà di avere dei figli e alla disparità di riconoscimenti artistici, a sfavore di lei. Il mondo dell’arte era ed è ancora maschilista. Un giorno accade un fatto destinato a cambiare tutto: Gerda domanda a Einar di posare per lei al posto di una modella impegnata nelle prove di uno spettacolo. Ci saranno poi altri momenti in cui Gerda chiederà ad Einar di vestire i panni di Lili, un po’ per gioco, ma presto Einar stesso comincerà a ritrovarsi nei nuovi panni, rendendosi conto d’essere più a suo agio come donna. Gerda dovrà inevitabilmente affrontare crescenti sentimenti di solitudine e abbandono, ritrovando accanto a sé una persona diversa dal marito che aveva sposato. Un percorso difficile per entrambi che si dovranno scontrare con l’ignoranza del tempo e l’impreparazione della medicina, non ancora pronta nell’affrontare casi di riassegnazione dell’identità sessuale.

L’opinione su The Danish Girl

Il film ha un’ottima regia, particolarmente accurata nella ricostruzione dei costumi e sostenuta da una fotografia esemplare. Molte inquadrature sembrano dipinti e hanno un grande impatto figurativo, giocando con una tavolozza cromatica ricca e accesa. Rimarrete sicuramente colpiti dai costumi e dalla loro eleganza sartoriale. Gli abiti maschili di Eddie Redmayne, nei panni di Lili Elbe-Einar Wegener lo fanno sembrare un elegante principe elfo. Gli attori però non sono da meno. Eddie Redmayne è Lili e Alicia Vikander interpreta Gerda, entrambi perfettamente calati nelle proprie parti. In particolare Vikander che per il suo ruolo si è anche aggiudicata l’oscar. Nella bellezza degli interpreti, nella loro eleganza e perfezione c’è però qualcosa che forse allontana dalla realtà. È come se il film ci rassicurasse che la bellezza è ciò che ti dà diritto all’identità transgender. Se sei bello o bella, sei credibile e quindi è accettabile che ti venga riassegnato il sesso. Come Einar-Lili, Redmayne ha una simpatica e quasi innocente bellezza, con quella voce inconfondibile e i grandi occhi chiari. Viene spesso ripreso in immagini in cui guarda sognante dritto davanti a sé, quasi come se interpretasse un cieco. La ragazza danese quindi sicuramente ha fascino, ma forse non abbastanza passione.

Continua l’esplorazione

La scheda sul film ➡ www.imdb.com/title/tt0810819/

C.C.

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Pablo Picasso, donna in blu

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Pablo Picasso, donna in blu

Dipinta durante uno dei due brevi periodi in cui l’artista visse a Madrid, tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, questa tela ha una storia curiosa. Presentata da Pablo Picasso alla Mostra Nazionale di Belle Arti di Madrid nel 1901, ottenne una menzione d’onore, ma l’artista, una volta che l’evento fu concluso, decise di non ritirare il premio forse come gesto critico nei confronti del mondo accademico. Passò il tempo e, dopo esser stato dimenticato per diversi decenni, il dipinto venne individuato e salvato dall’oblio da Enrique Lafuente Ferrari, direttore dal 1954 del Museo d’Arte Contemporanea di Madrid. Fu proprio negli anni Cinquanta che l’opera entrò nelle collezioni statali spagnole per poi essere esposta al Reina Sofia a partire dal 1988.

Il periodo blu di Pablo Picasso

Molti di voi saranno abituati a pensare a Picasso come l’artista cubista per eccellenza. Colui che realizzò corpi, volti e nature morte, squadrati, scomposti e a volte indecifrabili. Ma questo grande artista, figlio di un pittore e maestro di disegno, attraversò diversi stili nel corso della sua vita. L’opera che vedete qui fa parte del cosiddetto “periodo blu”, risalente agli anni tra il 1900 e il 1904. Periodo durante il quale Picasso visse tra la Francia e la Spagna e come potete ben immaginare il nome di questo periodo artistico deriva dai colori usati dal pittore. L’atmosfera dei dipinti di questo periodo è spesso malinconica e inquieta, caratterizzata da vari toni freddi di azzurro e blu e coincise con un tragico evento che coinvolse l’artista in quel tempo.

Il 17 febbraio del 1901 Carlos Casagemas, pittore amico di Picasso, si suicidò, reso folle dai ripetuti tradimenti dell’amata Germaine proprio con il suo amico artista. Picasso rimase profondamente scosso da questo evento e fu investito da un inevitabile senso di colpa che si manifesta notevolmente nelle opere realizzate in questo periodo.Il grande romanziere spagnolo Pio Baroja raccontò magistralmente nelle sue memorie l’atmosfera e il momento in cui l’artista eseguì questo ritratto femminile:

Pablo Picasso quando era a Madrid aveva preso uno studio in via di Zurbano e dipingeva a memoria le donne parigine dall’aria elegante e dalla bocca rossa e rotonda come un bocciolo di rosa. Picasso era molto concentrato nel realizzare lo sguardo tagliente di queste donne dal sorriso ironico e beffardo.

Questo dipinto è senza dubbio uno dei più belli realizzati dall’artista in quel periodo. La misteriosa donna in blu ci affascina, ci cattura e forse ci giudica, con il suo ampio abito e i suoi occhi profondi ed enigmatici.

Scopri di più

Allora ti è piaciuta l’opera? E Picasso, ti piace come artista? scrivimi tutto nei commenti e dai un’occhiata agli altri post dedicati all’artista.

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C.C.

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