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La Nike di Samotracia

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Arrivano dal mondo intero al Louvre per stare davanti a lei, qualche istante, magari il tempo di scattarle una foto e proseguire nella visita del museo. La Nike di Samotracia ha colpito intere generazioni di visitatori, è un'icona che si erge maestosa in cima allo scalone progettato da Hector Lefuel. Eppure nonostante la sua grande popolarità, quasi nulla si conosce della sua storia. A differenza della Gioconda o della Venere di Milo, non è mai stata al centro di polemiche tra gli storici dell'arte e nemmeno oggetto di atti di vandalismo.
La sua storia iniziò più di 2000 anni fa, dipanandosi fino a noi tra mille domande che non hanno travato risposte certe.

La Nike è l'incarnazione della Vittoria resa divinità dai Greci, rappresentata come una donna con le ali, pronta a prendere il volo o appena posatasi su di un basamento. La statua era collocata originariamente su una prua marmorea di una nave, obliquamente slanciata e coperta da un panneggio mosso dal vento. Allo stato attuale mancano molti pezzi del basamento e della statua che però resta uno splendido esempio di arte ellenica giunta fino a noi. Numerosi restauri, tra cui uno recentissimo, hanno tentato di restituire all'opera parte dell'integrità perduta, ma è comunque necessario uno sforzo di immaginazione per comprenderne la bellezza originaria.

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La Nike ci pone una serie di domande: conosciamo l'autore? quando è stata scolpita? per chi o per quale motivo? quale vittoria voleva celebrare? perché è stata rinvenuta in pezzi e dove sono finiti quelli mancanti? e la testa?
La statua venne ritrovata in una piccola isola del mare Egeo che le diede il nome: Samotracia. Si trovava all'interno di un santuario dedicato ai Grandi Dei, poi abbandonato con l'avvento della religione cristiana. Nel 1862 Charles Champoiseau, viceconsole di Francia ad interim ad Adrianopoli, nel corso di una "passeggiata archeologica" ritrovò i frammenti del monumento: dal cumulo di rovine spuntarono prima un seno, poi più lontano un corpo senza testa ne braccia venne estratto dalla terra. Gli scavi che Champiseau decise di compiere furono giustificati dalla quantità di rovine visibili fuori dal terreno e dal desiderio di compiacere l'imperatore portando in Francia qualcosa di straordinario.


In un secondo momento vennero riconosciuti anche i resti della prua di nave in marmo su cui la statua poggiava. Questo ulteriore ritrovamento fu importante per capire il significato della scultura.
Probabilmente a seguito dell'abbandono del santuario, questo divenne una cava per il riutilizzo di materiali da parte delle popolazioni locali che se ne servirono per costruire altri monumenti o per ricavarne la calce per gli intonaci delle proprie abitazioni.
Dopo un lungo viaggio, pieno di traversie burocratiche, la statua arrivò a Parigi, con un anno di ritardo e con ulteriori danni subiti durante il trasporto.

Tutti i blocchi e i frammenti vennero tolti dalle casse e con un lavoro certosino vennero ricomposti con colle e perni metallici: per quindici anni la Nike venne esposta ricomposta solo in parte, senza ali, prima che venissero ritrovati anche i pezzi della prua della nave e comprendendo meglio la sua collocazione. Per rimpiazzare le parti mancanti si fece abbondante uso di gesso, una delle due ali venne completamente ricostruita e si applicò un rivestimento vetroso per rendere omogenee le parti originali con quelle ricostruite.Il recente restauro ha permesso la pulitura di tutta la statua, il suo smontaggio e rimontaggio con l'utilizzo di materiali più idonei, rendendo leggibile l'opera, ma rispettando gli interventi del passato. Studiata e analizzata in ogni dettaglio, l'opera è tornata al suo posto con l’aggiunta di tre nuove piume sull’ala sinistra.

Un'ipotesi di ricostruzione del monumento
Il materiale costitutivo di tutto il monumento è il pregiato marmo di Paro, proveniente dalle cave nell'isola di Paros, di un biancore tale che, quando estratto, può essere scambiato per parte di un ghiacciaio. L'opera venne scolpita a Rodi, forse come offerta commemorativa al santuario dei Grandi Dei, i Cabiri, per una vittoria navale, in un arco di anni che va dal 200 al 180 a.C., ma di quale vittoria si tratta?

Le ipotesi sono diverse: una vuole che sia quella ottenuta nel 190 a.C. nella battaglia di Side sulla flotta fenicia del re di Siria Antioco III, da parte dei Rodi. Un'altra ipotesi invece ritiene che la Nike sia la copia di una scultura di epoca classica, anticipando la sua realizzazione all'inizio del III secolo a.C. Questa seconda ipotesi è avvalorata da antiche raffigurazioni della Nike su prua, presenti su anfore panatenaiche e su alcuni conii di Alessandro Magno, della seconda metà del IV secolo a.C. E a questo proposito l'impostazione della statua ricalca alla perfezione l'immagine realizzata su alcune monete dei primi anni del III secolo a.C. appartenenti al regno di Demetrio Poliorcete re di Macedonia.

La fatica del trasporto della Nike in cima alla scalinata Daru del Louvre
Proviamo ora ad osservare bene l'opera: la dea appoggia il piede destro sulla nave, frenando con un fitto battere di ali l'impeto del volo. La gamba sinistra resta indietro rispetto al corpo che si sporge tutto in avanti. Mancano le braccia, ma grazie ad alcuni frammenti dell'attaccatura delle spalle e delle mani possiamo capire che quello destro era abbassato, forse per reggere il pennone della nave e quello sinistro era alzato, con la mano aperta in un gesto di saluto, o per tenere una corona.
Sicuramente lo scultore della Nike cercò di utilizzare tutti gli espedienti possibili per restituirci l'idea di movimento e velocità, in una composizione scenografica ricca di quel pathos tipico dell'ellenismo.

Ma chi fu l'autore? Alcuni elementi ci conducono a Pitocrito, che pochi di voi conosceranno, scultore attivo a Rodi nel II secolo a.C. E' un artista che venne citato da Plinio e che lasciò molte firme su basi di statue e una di queste fu proprio ritrovata nei pressi del luogo in cui si ergeva la Nike.

Dopo tanti secoli questo splendido monumento continua a suscitare meraviglia, nonostante le importanti mancanze che ne mutilano l'aspetto. La statua ci appare perfettamente equilibrata e compiuta così e se un giorno si dovesse ritrovare la testa, una cosa è certa, la Vittoria che vigila sui visitatori del Louvre, non sarebbe più lei.

Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui




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