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Vincenzo Borghini, apparato per le nozze di Francesco de’ Medici e Anna d’Austria |
Gli apparati si manifestarono tramite un linguaggio proprio, una serie di moduli architettonici, figurativi e plastici, realizzati in materiali provvisori, sovrapposti ai monumenti della città reale, animati da una serie di eventi gestuali, sonori, d’ingegneria meccanica o pirotecnica, illustrati da un apparato verbale che dai cartelli scritti, ai discorsi, alle successive relazioni a stampa spiegò e divulgò forme e significati, ben oltre lo spazio e il tempo della festa. Ecco allora che una città irreale e fantastica viene componendosi nel tempo, di apparato in apparato, di festa in festa, sopra la città reale, disegnando topografie ideali e utopie progettuali, di fatto condizionando e segnando lo sviluppo effettivo dello spazio urbano e del suo arredo.
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Il modello originario e più divulgato di celebrazione è la processione, il corteo, che in occasione di eventi religiosi o civili percorre la città descrivendo un circuito simbolico dentro le mura. Certo è da questo prototipo cerimoniale e dai primi addobbi con drappi preziosi e con baldacchino liturgico, che si svilupparono le principali tipologie di apparati. Elementi architettonici posticci sovrapposti agli edifici in pietra illustrarono i principali nodi urbani, apparati fissi o semoventi si schierarono lungo il percorso. Nel modello più antico, gruppi umani in costume animano le strutture con quadri viventi o improvvise apparizioni volanti. furono in particolare gli ingressi in città dei sovrani a stimolare una sempre più elaborata organizzazione di addobbi e un insieme sempre più articolato di apparati. Tutte le arti e i mestieri parteciparono all’impresa, il programma fu spesso di un uomo di lettere, la regia di un grande artista di corte.
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Un pageant utilizzato nel Ciclo di Chester |
Nel Cinquecento il modello è ormai sviluppato e nel 1565 Vincenzo Borghini, letterato fiorentino esperto di feste, in occasione delle nozze di Francesco de’ Medici e Anna d’Austria analizzò tutte le diverse tipologie creando il modello classico che da quel momento verrà usato in Italia. L’arco trionfale è per Borghini l’apparato preferito, del tutto bandita è la presenza di "persone vive e vestite e abbigliate in abito di virtù etc. che pàr magra invenzione". La fissità di tele dipinte e statue di gesso prevale sulla combinazione di quadri viventi e azioni mimiche che nei paesi del Nord segnalava un più vivace scambio d’interessi fra autonomie cittadine e poteri sovrani (i pageants inglesi per le incoronazioni, i palchi, le fontane, i castelli animati in Francia e Paesi Bassi).
Andrea Mantegna, particolare con arco di trionfo degli affreschi della cappella Ovetari |
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Anonimo, corteo papale a piazza del Campidoglio per il possesso di Alessandro VII |
A Roma l’imperatore giunse nel 1536 e Paolo II gli offrì in omaggio l’antico percorso stesso della Via Triumphalis: apparati sono i monumenti stessi, i ruderi dell’antichità, per l’occasione liberati dalle sovrastrutture medievali (ordinatore degli allestimenti è Antonio da Sangallo). Più di duecentocinquant’anni dopo, ai tempi della repubblica romana, la città offrì un simile omaggio a rivoluzionari capitolini e truppe francesi rinnovando nel Foro Boario e nelle grandi piazze i fasti consolari: gli apparati neoclassici di Bargigli e Camporesi tendono allora ad occultare le architetture cattoliche e barocche. Il modello questa volta si è perfezionato a Parigi, con gli altari della patria e le figurazioni classiche che Louis David ha inventato per le prime feste della rivoluzione.
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Dominique Barrière, addobbo in piazza Navona per la Pasqua del 1650 |
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Giovanni Niccolò Servandoni, macchina per i fuochi d'artificio |
con l’apporto della musica e del fuoco: nel Settecento il gioco pirotecnico trionfa e la macchina architettonica splendente è destinata spesso ad animarsi bruciando, unendo le due scene (la festa e il teatro) come in un gioco di scatole cinesi. Esemplari le macchine di Servandoni per Luigi XV e gli apparati annuali a Roma per le feste della Chinea disegnati da artisti come Valvassori, Specchi, Le Lorrain, e Posi.
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Ippolito Caffi, la girandola a Castel Sant'Angelo |
al Pincio, a Castel Sant’Angelo (di volta in volta restituito alla sua forma antica o camuffato da tempio cristiano, cinese, ecc.), al Gianicolo. Poi, anche in Italia la tradizione si estinse. Ma ancora nel nostro secolo un ultimo programma imperialistico ricorre al mito di Roma antica, si richiama alla tradizione degli apparati civili con la pretesa di reinventare un’arte perduta. Nel 1942 l’VIII Triennale delle arti decorative dedicò una sezione alle Architetture delle cerimonie per una "rievocazione documentaria e spettacolare del modo di apparare italiano" (curata da Rava, Ulrich e Vaj). Vi si predicò il nuovo stile razionalistico e, dichiarato obsoleto il repertorio visivo della festa, si progettarono puri ritmi di forme e di colori in grado di vibrare all’unisono con il cuore oceanico delle folle. Ma gli autori stessi riconobbero che l’architettura delle cerimonie trovò in epoca moderna un rifugio estremo nell’allestimento di padiglioni espositivi, di apparati per mostre, di scenari pubblicitari. Se in anni recentissimi poi, una pratica dell’effimero ha percorso le nostre città, nuovi supporti cinematografici ed elettronici hanno definitivamente sostituito l’antico decoro degli apparati. Ma ancora a Roma, nel 1979, il gigantesco schermo per il Napoléon di Gance s’innalza fra il Colosseo e l’arco trionfale di Costantino, in un evento culturale entrato nella storia della città.
Questo post si avvale di contributi bibliografici vari che potete consultare qui